domenica 30 dicembre 2007

La diga di Assuan

Insomma...non è mica colpa mia! Tipo una ventina di giorni fa camminavo per le strade della mia città e guardavo la faccia delle persone che guardavano le vetrine; non mi sono accorto che c’era un buco per terra e ci sono caduto dentro e cadendo non sentivo mai il fondo perchè questo buco era profondissimo. E così mentre sprofondavo sempre più velocemente prima mi son preoccupato di non sporcarmi i vestiti di terra e poi mi son chiesto se ero morto e se per caso stavo precipitando all’inferno. Son passato dal freddo al caldo e poi di nuovo al freddo e quando ho rivisto la luce del sole mi trovavo in Cina. Che poi, quando uno si ritrova in Cina all’improvviso non è che sia subito facile organizzarsi; cioè, voglio dire, un pò di tempo serve per riprendersi dallo shock e adottare i primi provvedimenti. Che ho cercato pure un internet point per scrivere un post e farvi gli auguri di natale solo che lì hanno le tastiere cinesi e da noi si vedrebbero solo dei quadratini al posto dei loro ideogrammi, quindi ho lasciato perdere. Per un pò di giorni ho fatto il risciò-express portando in giro le persone per pechino con la forza delle mie gambe poi, quando ho avuto abbastanza soldi, mi sono imbarcato su un bastimento battente bandiera liberiana con la mansione di mozzo addetto al ponte di prua. E anche quando tiravo a lucido il ponte di prua nei miei pensieri c’eravate sempre voi e la voglia di scrivere un post non m’abbandonava mai, nemmeno nei momenti più critici. E così a forza di spinte dai venti d’oriente siamo arrivati al capo di buona speranza dove una tempesta biblica e un banco di balene di una razza che attacca l’uomo hanno spezzato il bastimento a metà. Se Dio vuole ero sulla metà giusta, quella che è rimasta a galla e si è arenata sulle coste africane. Ho raccolto un pò di cose e mi sono incamminato verso nord...e nei miei pensieri c’eravate sempre voi. Ho attraversato di corsa l’africa nera con il fitto delle sue foreste per arrivare in tempo a scrivere il post degli auguri di fine anno. E ho corso di giorno e di notte. E quando spuntava il sole le gazzelle si svegliavano cinque minuti prima dei leoni e cominciavano a correre...ma io correvo così veloce che, da lontano, pareva che i leoni inseguissero le gazzelle e le gazzelle inseguissero me. In realtà i leoni inseguivano sì le gazzelle ma le gazzelle non inseguivano me. Anzi un pò sono anche diventato amico delle gazzelle, che mi mettevo lì in gruppo con loro per dirgli delle parole di conforto e per incoraggiarle a correre più forte. E quando sono arrivato alle sorgenti del Nilo ho affittato una feluca a motore, ho scavalcato la diga di Assuan e sono arrivato in un amen ad Alessandria d’Egitto...qui ho preso in prestito un pò di volumi rari alla biblioteca di Alessandria e mi sono imbarcato su di un gommone che mi ha scaricato a Pantelleria. E da qui è stato uno scherzo ritornare in romagna perchè con una bicicletta sotto il cu*o io corro come il vento, che tanto il freddo non lo sentivo perchè ero cosparso di grasso di balena che attacca l’uomo (che tiene il freddo molto di più del grasso di balena che non attacca l’uomo).
Ecco, tutto questo per dire che io sono innocente e che non è colpa mia se sono stato assente per un pò di tempo.
E poi vorrei anche dire che i bastimenti battenti bandiera liberiana dovrebbero farli un pò più resistenti...e che oltre ad adottare un panda adottate anche una gazzella!
Insomma questi due barili che vedete qui, col timbro della dogana cinese, sono pieni di cose stupefacenti che danno la felicità e proteggono dalle brutte cose. Prendetene quanto ve ne serve...ma non di più (che ci sono anche gli altri).
Auguri di cuore e di tutti gli altri organi, siate massimamente felici o comunque non tristi. E tenete vivi i vostri sogni e il fanciullino (o fanciullone) che c’è in voi...
In fede
Kaba



p.s.
non rispondo a tutti i commenti del post sotto...ma grazie...

p.s.s.
In questo angolo del post si celebra l'arte del "pavoneggiarsi"...
è che non son più abituato a scrivere i post e dimentico le cose per strada...e poi...insomma, le cose piccole son sempre quelle che mi fan più felice...
e niente, c'è questa puntata dei Simpson in cui Bart ha un appuntamento con la figlia del reverendo di cui è innamorato (innamorato della figlia non del reverendo), e allora al colmo della gioia dice queste parole qui:
"C'è una sola cosa da fare in un momento come questo: pavoneggiarsi!" e se ne va ancheggiando con la musica dei bee gees, tipo tony manero nella febbre del sabato sera...
insomma, tutta sta roba per dire che il primo e unico racconto che ho scritto nella mia vita è stato selezionato per essere pubblicato su di un libro vero (per chiarirsi, libro pubblicato NON a mie spese...)

giovedì 13 dicembre 2007

La mia felpa

La prima volta che sono andato a Praga avevo in testa di vedere il Castello, e infatti, appena ho messo fuori un piede dalla Stazione di Praga e sono salito su un tram e poi sono sceso dopo un pò di chilometri...ecco, dopo che ho fatto queste cose e mi son trovato su un marciapiede della città di Praga, ho alzato la testa...ed alzando la testa ho visto il Castello. Dopo quella prima volta, a Praga ci sono ritornato, ho preso un pò di tram senza guardare fuori, sono arrivato dalle parti di ponte Carlo, sono sceso, ho alzato la testa e ho visto il Castello. A Praga il Castello lo vedi sempre perchè sta su un’altura, ti domina proprio dall’alto ed è un persecutore solido che ti guarda di continuo e non ti molla mai. Io, se c’è un’autore che amo, ma proprio tanto, è Hrabal e Hrabal è di Praga. Ma se uno mi ferma per la strada e mi chiede chi è stato il più grande genio che ha messo delle parole sulla carta io non esito un istante e gli dico Kafka. E anche Kafka è di Praga. E allora l’ultima volta che sono stato a Praga era d’agosto e mentre camminavo per la via degli Italiani guardavo le vetrine e ho visto in esposizione una felpa blu con il cappuccio, poi proprio in centro all’altezza del cuore c’era un simbolo strano con intorno scritto “Karlova Univerzita Praha”. Sono entrato nel negozio me la sono provata e ho cominciato a sudare. Poi l’ho comprata e sono uscito dal negozio. Ho avuto un periodo che facevo acquisti strani e fuori stagione e quello della felpa è stato abbastanza strano; però, per dire, esattamente in questo momento sto indossando quella felpa blu con il cappuccio che tra le altre cose è la felpa che fa più caldo al mondo. Per quello che il giorno in cui me la sono provata ho cominciato a sudare. Ho scritto queste parole senza sentimento e che non portano a una conclusione perchè l’altro giorno vi ho chiesto dei consigli degli acquisti, e voi me li avete dati. E così volevo contraccambiare e intimarvi di leggere Ho servito il re d’Inghilterra di B. Hrabal e tutta l’opera di Kafka (:D) o perlomeno Il processo, Il Castello, La Metamorfosi e La colonia penale. Non ve lo direi se non fosse proprio necessario. E adesso che ho finito di scrivere mi è venuto di guardare un’immagine che sta qui a fianco ed è vicina al libro di Paul Auster che sto leggendo. E quest’immagine è composta da un padre che tiene per mano la figlia la quale stringe un orsetto di pezza nel pugno. E tutt’intorno c’è un parco. Insomma l’immagine non è un granchè però mi è venuto in mente che Paul Auster è l’orsetto di pezza...l’uomo, la bambina, i sassi, gli alberi, le foglie, gli insetti, l’acqua della fontana, le pietre della fontana, i pesci giapponesi, i tulipani, il cancello, le anatre, i cigni, le oche, le nuvole, il cielo, il sole, tutto quello che sta al di là del cielo (la luna, i pianeti del sistema solare, tutti i satelliti, la via lattea...insomma tutto l’universo conosciuto e anche no) sono Kafka.

p.s.
Paul Auster l'ho lasciato volutamente senza grassetto

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lunedì 10 dicembre 2007

Lezioni di jedi

Poco tempo fa, in una blogosfera vicina vicina, due giovani blogger, Baol e Kabalino, decisero di scrivere un post a quattro mani…forte era la forza in loro…

Per le strade della caotica città-pianeta Coruscant due giovani discutono tra loro...

B.: No! Dai, le crocs col pelo no, non ti si può guardare!
K.: Eh, ma queste son col pelo di Ewok! Mica quella robaccia che contrabbandano dalle periferie dell’impero...
B.: Ma...ma...io avevo pensato a dei calzari da centurione…
K.: I calzari da centurione te li metti te, che poi ci vai a fare lo splendido il sabato pomeriggio...
Io, nei miei piedi, ci tengo queste meraviglie...
B.: Guarda che ho rimorchiato certe ancelle di principesse con quei calzari che te nemmeno te lo immagini. E comunque le crocs non sono jedi!
K.: Ma sono calde...e poi, dove sta scritto che quella roba lì che porti ai piedi è jedi?
B.: A pagina 18 del manuale del perfetto jedi.
K.: Seee...il manuale del perfetto jedi...perchè te leggi quella roba? Ma te lo sai quanto vive uno jedi? E li hai mai visti dei geloni di mille anni? E poi le mie crocs sono di una comodità che non te la immagini neanche...
B.: Le scarpe di uno jedi devono essere pratiche per l’agilità! Con le crocks si corre una meraviglia, vero?
K.: Eh...lo so, però queste, sotto, c’han la gommina che fa presa. Ti risulta che il grande Yoda se ne vada in giro con calzari da centurione?
B.: Se è per questo non l’ho mai visto nemmeno con le crocs...il grande Yoda va in giro scalzo!
K.: E infatti quell’esserino verde lì c’ha una raucedine che fa provincia...ma hai sentito come parla? No, dimmi te?
B.: Sei scemo o cosa? Ti sei per caso accorto che il grande Yoda proviene da un altro sistema planetario?!
K.: Embè? Hai mai sentito parlare della Galassia di Raucedine?
B.: Ma quale Galassia di Raucedine...guarda che il corso di Universografia lo abbiamo seguito insieme e lo so che non sei una cima, dì la verità, su Yoda ti eri sbagliato...
K.: E’ che c’ha un aspetto quel Yoda...mi ricorda una mia amica...
B.: Wow, doveva essere un figone…
K.: Guarda Baol! C’è Chewbecca!!! Madonna...che gran pezzo d’animale...
B.: E’ un Wookiee, non un’animale...bestia che non sei altro...
K.: Se, seee...ci siam capiti...
...
B.: Piacere di conoscerla...è un onore...guardi, ho il suo pupazzetto nel portachiavi...
K.: (Ma come stai messo...il pupazzetto...io almeno ce l’ho del Gattobus...) Sì, sì...piacere anch’io...
Ciube: Aaaaaaawwwwwwhhhh awweeeeeeaaaaaagggh awwwwwwwww
B.: Ehm…no no , signor Chewbecca, le scarpe del mio amico son di sintetico, non è pelo di Wookiee…
Ciube: Weeeeeewwwwwwwwaaaaaaaaa ahhhaaaaaawwwooooou
B.: Sì lo so signor Chewbecca, ci strapperebbe le braccia se fossero di Wookiee...a...arrivederci...
K.: ...(oh santiddio...eccheccosai in bocca...)...ci si becca in giro...
Ciube: Aaaawwwweeeeeaaaahhhhh
...
K.: Ma hai sentito che versi che fa? E te li capisci? Fa paura!
B.: Non son versi, è la sua lingua...Chewbecca parla shyriiwook...
K.: Ah...
B.: L’ho studiata alle medie; eravamo 5 sezioni, quattro d’inglese e una di shyriiwook...e io son finito in quella di shyriiwook...
K.: ...tutte le fortune...
B.: Vabbè, Ma mi hai fatto fare na figura, te e quelle scarpe lì! Lo sai come ci poteva combinare quello?! Comunque domani è il nostro primo giorno al Master per jedi e non mi va di presentarmi lì con le crocs col pelo.
K.: Ed a me non va di andarci con i piedi viola dal freddo; s’ha da trovare una soluzione...guarda un pò se quel tuo manualetto dice qualcosa...
B.: Mah...mmhhh...vediamo... per essere uno jedi alla moda bisogna indossare stivaletti rossi ed una cappa nera.
K.: Una cappa nera? Ma, scusa, chi è l’autore del manuale?
B.: Il maestro Qui-Gon Jinn.
K.: E chi è?
B.: Ma come chi è? Voglio ricordarti che sarà lui a tenerci le lezioni di equilibrio jedi.
K.: Eh, ma io ho visto solo i primi tre episodi di Guerre stellari...che va beh...in realtà sono il 4,5,6...però ci siam capiti...
B.: Lasciamo perdere...Che ne dici della classica tuta beige con gli stivali marroni?
K.: Alla Obi-Wan? Mi piace! Ok, aggiudicato. Ma Obi-Wan è tra i docenti?
B.: Sì, al terzo anno, insegna battaglia jedi nella lava.
K.: Io di battaglie, finora, ho visto solo quella delle donne nel fango...
A proposito, che lezione abbiamo domani?
B.: Controllo sul programma ma dovrebbe essere “Primi approcci con la forza”…sì, infatti.
K.: Ma in cosa consiste? Lo dice? Che io non so mica se son subito pratico con la forza eh.
B.: Mah, guarda, qui dice che è un semplice approccio alla tecnologia laser.
K.: Una volta a uno che conosceva mia cugino gli dovevano raddrizzare l’occhio col laser e gli han bruciato la pupilla, per dire...
B.: Sì, va beh...ma noi siam jedi...
K.: Sarem jedi...ma io, per non saper né leggere né scrivere, vengo con gli occhiali da saldatore...Baol?
B.: Ehi! Che c’è ancora?
K.: No, niente...è che...ogni tanto sento come un fremito nella forza...
B.: ...
K.: ...lascia perdere...
B.: Meglio và. Dai, andiamo che s’è fatto pure tardi...mannaggia te e il fremito!
...



E’ che io e Baol ogni tanto ci si diverte così...come fanno i bambini. Che a stare sempre nelle proprie corde ci si impicca e allora, noi, si fa queste cose qui proprio per non rimanere impiccati, che quella fine lì a me e Baol ci fa paura...

Non ditemeli brutti, ditemeli belli...

Niente, vi devo solo chiedere un favore...è che devo fare un ordine di libri, di quelli che si comprano da internet, e io vi chiedo il vostro aiuto che solo il mio non basta. Mi dite dei libri belli? Tipo dei libri che a voi vi hanno fatto piangere tanto o ridere tanto? No quelli intermedi, i libri a metà non li voglio. Due li so già (che uno dei due è qui a fianco) ma per gli altri non mi viene in mente nulla. Sto leggendo Follie di Brooklyn di Paul Auster e Bambini nel tempo di Ian McEwan...ecco, state più sul secondo tipo...quelli insomma un pò intensi, che alla fine ti dici "questo sì che è un libro"...che il primo tipo...insomma, non mi convince mica tanto. Che se me ne dite io vi ringrazio già da adesso, grazie. Ma se poi son brutti...

venerdì 7 dicembre 2007

Un meme per bambini

Ero qui che mi lasciavo passare i pensieri nella testa e mentre loro passavano io ho deciso che questo meme lo faccio. Alice mi ha nominato con delle parole così belle che mi sono vergognato; e la sensazione che ho avuto è di non meritarle quelle parole...
Comunque la signorina qui sopra vive giorni di fermento, che tra pochissimo le esce il suo primo libro...le esce che non se n’è nemmeno accorta...ma per uscire esce. Poi tra pochi giorni, faccio un post bello che vi dico tutte le cose per bene. Ma se andate su Ibs e cercate Alice Suella troverete L’oro in bocca che è poi il suo libro...Ah, COMPRATELO!!!


Bon, e faciammo sto post...

DIRE: vorrei dire delle cose a delle persone che non ci sono più; persone così importanti che se un giorno ricomparissero davanti a me sarei io a morire; la gioia e la sorpresa mi ucciderebbero senza pietà.

FARE: vorrei fare una pista ciclabile infinita lungo i fiumi (non necessariamente d’asfalto, anche il ghiaino va bene, che poi ci penso io a prendere su la mountain-bike)...non potete sapere quanta poesia ci sia lungo i fiumi.

BACIARE: vorrei baciare le persone che mi hanno tradito e che mi tradiranno...più che altro è uno sfizio, che di queste persone me ne importa poco o nulla. Anzi nulla. Covo la vendetta come gesto estetico e mica perchè ci credo.

LETTERA: io obbligherei proprio tutte le persone a scrivere delle lettere; scriverle sulla carta vera, intendo, con il pennino e l’inchiostro. Voglio che si spaventino della loro calligrafia e riscoprano l’importanza delle parole.

TESTAMENTO: il testamento me lo stanno facendo gli altri e lo stanno facendo pure a quelli che verranno dopo di me. Quindi ci risparmiano una fatica. Che, insomma, lo vedete pure voi che qui sta andando tutto a putta*e, no?


Dimenticavo...nomino TUTTI, che le torture vanno equamente divise (voglio vedere lettere e testamenti come se piovesse sui vostri blog, chiaro? :D)

lunedì 3 dicembre 2007

Sulla puzza dei camper

Ieri sera ero stanco però avevo voglia di leggere; e ho preso in mano Sulla felicità ad oltranza di Ugo Cornia, di cui non ringrazierò mai abbastanza Alice per il suggerimento. E l’ho letto veloce. Dentro mi è nato dello stupore perchè questo scrittore così delicato scrive le cose come le scriverei io. E le cose le guarda dallo stesso punto di prospettiva da cui le guardo io. Lui le scrive meglio, ma a guardare le cose siamo fianco a fianco. Ed è strano avere al fianco uno scrittore, che onestamente non so nemmeno che cosa dirgli io a uno scrittore. E allora a leggere veloce sono arrivato a pag. 74 e lì in quella pagina c’è scritto così: "Sicuramente i miei in un camper si sarebbero sentiti dei poveri deficienti che cercano di imitare degli stranieri deficienti in un modo sbilenco e faticoso". Infatti a questa affermazione io non ho proprio niente da obiettare che se c’è uno che i camper li odia quello sono io. E ci sono delle volte che io e mio cugino guardiamo le tivù regionali e lì in quei canali ci son delle persone che cercano di venderti dei camper, quelli extralusso che son pieni di comodità e pertugi, che con tutti i pertugi che hanno dentro ci potresti infilare anche una trentina di persone, volendo. E allora mio cugino comincia a tessere un’infinità di lodi di questi camper...e che di così non se ne vedono, e che se ce l’avesse lui...che quando lo sento dire così mi viene il mal di testa. Io non è che i camper li odio a tal punto, ma quando ho il mal di testa divento cattivo e allora comincio a rispondergli che i camper mi fanno schifo e che se me lo regalessero lo porterei dallo sfasciacarrozze senza pensarci un secondo. Che una volta mio cugino c’è pure andato in camper. Lui e dei nostri amici ci sono andati all’ocktober fest in camper e volevano che ci salissi pure io su quell’affare. Che quando hanno cominciato a dire così io gli ho detto che piuttosto che andare in germania con quel bidone mi sarei fatto un bagno nella soda caustica, piuttosto. E loro mi han detto che non sapevo che cosa mi perdevo e io gli ho detto che al massimo mi perdevo della gran puzza da piedi che nel camper, al massimo, si può sentire solo quella. E allora, lì, han cominciato a sbraitare e a dire delle cose pessime e per colpa loro, e un pò anche mia, ci siam salutati male. Che ho provato dispiacere, solo che io sono uno che può sentir la fame a qualsiasi ora del giorno. E cercare di mangiare su un camper in movimento non dev’essere questa gran cosa.

venerdì 30 novembre 2007

Le cose piano

Voglio che tu mi dica le cose piano, che me le dica bene
Voglio che tu le dica per me, per farmi capire
Che ti fermi qui davanti per guardarmi nella faccia

Voglio giorni di primavera pieni di fiori bianchi
E di cespugli di more che ti fan la lingua nera
E che di fronte agli altri tu mi stringa tra le braccia

E voglio vederti ridere, sempre e per sempre














p.s.
è che io le poesie non le so scrivere, non le scrivo mai...mi serviva per dire che faccio sempre più fatica ad aggiornare il blog e questo mi dispiace perchè al mio blog voglio bene. Però questa poesìola è scritta per una persona vera, fatta proprio con la carne e con le ossa.

domenica 25 novembre 2007

La salute della mia testa

Io ho questo difetto di temere per la salute della mia testa; del tipo che ho sempre l’impressione di sfracellarmela da qualche parte. Se passo sotto un cavalcavia chino la testa come un penitente; se, tipo, salgo una scala un pò sacrificata mi rincasso tra le spalle per paura di lasciare tutto il pezzo dalla fronte in sù appiccicato ad un solaio. Che, della mia faccia, il pezzo migliore è dalla fronte in giù, ma anche quello dalla fronte in sù non fa schifo; e comunque ci tengo, quindi discorso chiuso. E allora una volta eravamo nel deserto, e l’albergo era proprio una fortezza; che in passato la usavano i berberi come accampamento invece adesso la usano i turisti come punto di partenza per la scampagnata di trecento metri sui dromedari (nemmeno i cammelli, i dromedari...). E allora stavamo lì, tranquilli, nel cortile interno di ‘sta fortezza; e lì dentro non ti mancava nulla perchè c’era la piscina normale e quella termale; e il pomeriggio l’ho passato a mollo nell’acqua che sapeva di zolfo fintanto che non mi son venute le piegoline sulla pelle. Poi è venuta sera, e un nostro amico fa: “Andiamo a veder le stelle?”. E allora siamo usciti dalla fortezza, muovendoci in un aria secca che misurava 45°; e lì fuori era pieno di sabbia, sabbia dappertutto; ce n’era anche nell’aria e io tenevo gli occhi come un cinese. E quando abbiamo sollevato le teste tutti insieme le nostre bocche si sono fatte a forma di O. Che un cielo così non l’avevamo mai visto. Le stelle ti stavano proprio addosso da quanto erano vicine, che le costellazioni quasi ti sbattevano nella fronte. E allora, mentre gli altri elogiavano tutto quello spettacolo, io mi sono protetto la testa con le braccia. Mi sono costruito un casco con le mie braccia, nell’eventualità di cozzare la testa contro una stella. Lo so che le stelle distano milioni di anni luce, ma spesso sono più vere le cose immaginate di quelle reali. E la realtà più importante, per me, è la salute della mia testa.

mercoledì 21 novembre 2007

Leggete lì

Leggete qui


(e per par conditio qui)












p.s.:
lo so che non è un post che salva il mondo ma mi dan noia le truffe legalizzate di oggetti inutili

lunedì 19 novembre 2007

Quando vado in libreria

Io, quando vado in libreria, non ci sto più di dieci minuti. Non è che non mi piacciono le librerie però, boh, alla fine non sto mai più di dieci minuti. Che poi, se vado, vado sempre alla Feltrinelli di Ravenna, mica in un’altra. Entro e so già i libri che devo comprare. Li ho proprio impressi nella testa, e allora vado dal mio impiegato Feltrinelli di riferimento (che si vede che è un ex-sessantottino lontano un chilometro) e gli dico: “Mi trovi questi libri?”, e lui di solito me li trova e poi mi dice dove sono, che lì sul suo computer c’è proprio scritta la posizione dei libri dentro la libreria.
Che a me non piace tanto stare in mezzo agli scaffali a cercare, che la so quella cosa del piacere della scoperta però, boh, in mezzo agli scaffali a cercare non ci passo tanto tempo. Ma stavolta i libri li ho comprati con internet, che un pò mi dispiace ma ormai...E adesso ve li dico i libri che ho comprato così diventano tipo dei suggerimenti:
Bambini nel tempo di Ian McEwan (che qualcuno s’è fregato la copia che già avevo...e io, comunque, questo lo consiglio), Opere scelte di Bohumil Hrabal (che questa robina qua è proprio il meridiano mondadori che contiene quasi tutta l’opera di questo omino meraviglioso...che io la sua opera la conosco già tutta, però adesso la conoscerò di più), Sulla felicità ad oltranza di Ugo Cornia (questo me l’ha suggerito Alice...Alice poi ti dico...), L’uomo in rivolta di Albert Camus che io sto scrittore qua lo venero), Follie di Brooklyn di Paul Auster (poi vi dico...) e Anime alla deriva di Richard Mason (su sto libro ci ripongo un pò di speranze...speriamo...).
Che poi l’ultima volta che sono andato alla Feltrinelli sono corso lì dal tipo e gli faccio:
“Ce l’hai la Lanterna magica?”
“La biografia di Bergman?"
“Sì”
“No”
“No, non ce l’hai?”
“No, non ce l’ho”
“Uffa...”
“Mi sa che è fuori catalogo”
“Urca”
“E adesso?”
“E adesso?”
E la prossima volta ci ritorno alla Feltrinelli che magari la Lanterna magica è saltata fuori.

p.s.
per fare questo post non ho ricevuto soldi dalla Feltrinelli di Ravenna

mercoledì 14 novembre 2007

Nemmeno un chiodo

Questa sera si è fermato davanti casa mia un furgoncino che ha suonato il clacson e dei ragazzi con le tute mi han chiesto se avevo del ferrovecchio da dare per quelli del Mato Grosso. Solo che io di ferrovecchio non ne ho e li ho salutati senza dare niente, nemmeno un chiodo. Guardandoli dalla finestra andar via mi sono sentito in colpa. Credo che i miei vicini producano ferrovecchio perchè han riempito il furgoncino di cianfrusaglie. Si erano rimboccati le maniche e mi guardavano come per dire che se uno vuole il ferrovecchio lo trova. Che poi quando ero piccolo mettevamo i vestiti vecchi nei sacchi della spazzatura per darli a quelli del Mato Grosso, e io lo sapevo che era per far del bene ma proprio non riuscivo a staccarmi dalle mie magliette. E una notte son rimasto sveglio per sfilare via dal sacco una maglietta di quando avevo quattro o cinque anni. Era rossa con stampato sopra Pippo e il mio nome, e me l’avevano regalata in una gita al Lago di Garda, che lì sul Lago c’era un baracchino che faceva le stampe. Che poi io, da sto lago qui, ci son passato piuttosto spesso ma così bello e con le sponde fiorite come in quella gita non l’ho più rivisto. Lo so che come prima impressione potrei anche sembrare arido, ma preferisco pensare di essere solo attaccato alle mie magliette.

domenica 11 novembre 2007

Il bagno nell'olio

Arriva un giorno di novembre che alla bici devo fare il bagno d’olio e oggi è stato quel giorno. Mi si è solidificata nella testa quest’idea del bagno d’olio subito dopo pranzo, così sono uscito e uscendo sono quasi rotolato per terra da quanto vento tirava da sud. Che poi, oltre al vento, c’era proprio un sacco di sole e di luce e gli occhi son diventati due fessure. E ci ho pensato un pò, ma stavo davvero per mettermi gli occhiali da saldatore, che io la troppa luce non la posso soffrire.
La giornata era da urlo, che oltre al vento caldino caldino c’era proprio tutto l’occorrente per urlare. E le mie gatte, che hanno questo talento naturale per godersi la vita, se ne stavano lì distese al sole a prendere l’abbronzatura. E solo di tanto in tanto aprivano un occhio per vedere che diavolo stessi facendo. Io mi son messo lì, tranquillo, con la bacinella e lo straccio a ripulire la bici pezzo per pezzo. Non so cosa sia passato per la testa delle mie gatte, ma dopo un pò si sono alzate contemporaneamente e hanno cominciato a strusciarmi una una gamba e l’altra l’altra gamba, che davvero non mi riusciva più di far niente.
Nelle cuffiette avevo solo due canzoni, una dei Negramaro (che poi sto negramaro mi sa che sia un vino o qualcosa che si beve) e una di Ed Harcourt. E quando c’era la canzone dei Negramaro ascoltavo delle parole parecchio tristi e parecchio belle, tipo bocca dentro bocca e non chiederti perchè tutto poi ritorna in quel posto che non c'è dove per magia tu respiri dalla stessa pancia mia, e da quanto ero triste pigliavo a calci le mie gatte per farle spostare...mentre quando c’era Ed ascoltavo delle robe che non capivo però un pò più allegre (che poi la canzone in questione era watching the sun come up) e, pentito, mi riappacificavo con chi prima avevo preso a calci.
In realtà ero piuttosto felice di essere rallentato nel lavoro, che il momento dell’anno in cui devo mettere a dimora la mia bici, per me, è di una sofferenza indicibile. Così, quando mi son reso conto che mi era rimasta giusto la catena da oleare, le mie mani han cominciato a tremare e le mie gatte si son strette ancora di più a me per farmi coraggio (che oltre a godersi la vita hanno pure un cuore). Allora, con ancor più indicibile fatica che parevo House...tutto tremante ho portato la bici là dove dovevo portarla...le ho messo una copertina sopra...e le ho detto che ci saremmo rivisti a primavera.

p.s.
i calci alle gatte erano per finta, eh.

lunedì 5 novembre 2007

L'isola dei bambini

Oggi mio cugino è tornato dal Giappone con una barbetta caprina e mi ha portato del sakè in brick. Non solo; è entrato ciondolando nelle mani due portachiavi, e mi fa:
“Quale vuoi?”
Uno era il pupazzetto di Totoro, l’altro il Gattobus...ho scelto il Gattobus.
Ho visto che ci è rimasto un pò male, ma io Totoro già ce l’ho e ben più grande di un portachiavi. Se voleva tenersi il Gattobus poteva tranquillamente portarmi solo Totoro e non lasciarmi altra scelta, o no? E si è messo a parlarmi delle cose che gli sono capitate in Giappone per coprire col rumore delle parole quello, ben più grande, dei pensieri. Che io non dicevo niente ma capivo tutto. E vedevo quanto stava male per la storia del Gattobus.
Allora gli ho fatto un pò di domande sui giapponesi e gli ho chiesto se era vera la storia dei numeri civici che non ci sono. E quando mi ha detto della visita ad Hiroshima un pò di lacrime gli sono scese dagli occhi, che mio cugino si emoziona facile.
Io, se penso ai giapponesi, rido sempre. Che, se la devo dir tutta, per me i giapponesi son tutti bambini. E pensare ad un’isola governata dai bambini fa bene al cuore. Al mio di sicuro.

martedì 30 ottobre 2007

Kabafrenia

Senti Juliette, lo so che...ognuno la sua indipendenza, lasciami i miei spazi che altrimenti soffoco...ma voglio dire...si costruisce qualcosa insieme...giorno per giorno, fragile come la carta di riso...e dico io, lottiamo per questo qualcosa...no?
E invece sfoglio i giornali e vengo a sapere che ti pubblicano nuda su playboy, che lo so pure che coi vestiti, su playboy, non ti ci mettono...ma voglio dire...parlarne, discuterne prima...ma ti par bello?

domenica 28 ottobre 2007

Cameron, House e Dio

Interno giorno, studio di House.
Cameron cerca di ringraziare House per aver salvato lei e il biondino dal licenziamento, ma House non si fa ringraziare...

Cameron: “Sai perchè la gente prega Dio?”
Dr. House: “Non ti sapevo credente”
Cameron: “Non lo sono”
Dr. House: “Allora sarà bene che spari qualcosa di forte...”
Cameron: “Tu credi che lo preghino per fargli sapere quanto è grandioso?...Dio lo sa già questo...”
Dr. House: “Dì un pò...tu mi paragoni a Dio? Ti ringrazio, ma non sono ancora riuscito a creare un albero”

sabato 20 ottobre 2007

Sexy boy

Io, una volta, ho visto il capitano della mia squadra di pallacanestro fare la lapdance mentre cantava sexy boy. Avevamo vinto la partita e allora, siccome si era contenti, ci si prendeva a frustate con gli asciugamani e ci si dava di ciabatte nella schiena. E queste cose non ci riusciva di farle in silenzio, e così è venuto il custode della palestra, e ci ha detto di vergognarci e di fare in fretta, che lui voleva chiudere e andare a dormire. E quando ha chiuso la porta per tornarsene da dov’era venuto abbiamo visto che li dietro c’era un gruppetto di ragazze che aspettavano qualcuno, e allora noi abbiamo urlato e ostentato in pose plastiche per farle imbarazzare, ma nessuna di loro si è imbarazzata nemmeno un pochino. Anzi, adesso che ci penso, ci indicavano e ridevano. E allora il nostro capitano che riusciva sempre a traghettarci fuori dai momenti critici, ha cominciato a pensare e dopo dieci minuti si è infilato un paio di mutande blu elettrico e ha ordinato di spalancare la porta. E appena la porta è stata aperta lui ha cominciato a dimenarsi attorno ad un paletto di ferro che sosteneva delle mensole, che poi il motivetto che cantava era appunto sexy boy. E probabilmente quello è stato il momento di più alto rispetto nei confronti del nostro capitano, che tutti si aveva gli occhi lucidi per il fatto che lui si era sacrificato per difendere il nostro onore. E non vorrei montare troppo questo fatto, ma se la mente non m’inganna, ad un dato momento Pide, che era il nostro pivot, è salito sulla panca e ha urlato: “Capitano, mio capitano!”, e mentre urlava, Pide, aveva le lacrime agli occhi; e giuro che quella è stata la prima e ultima volta che ho visto Pide piangere. E dopo Pide, uno alla volta, siamo saliti sulla panca e abbiamo reso omaggio al nostro leggendario capitano urlando: “Capitano, mio capitano!”. Che quando è entrato il nostro allenatore la prima cosa che ha detto è stata: “Siete proprio dei deficienti”, ma vedendo nei nostri occhi la commozione e l’orgoglio ritrovato e sentendo nell’aria che non eravamo mai stati così uniti, non ha potuto fare a meno di allungare il suo pugno in mezzo alla stanza. E allora io ho messo il mio pugno sopra quello dell’allenatore, Pide il suo sopra il mio, il capitano il suo sopra quello di Pide e quando tutti i pugni erano disposti abbiamo urlato il grido di battaglia di cui ci si vergognava tanto: “Siamo forti e vinceremo!”. Che quella del sexy boy sono le serate che non si dimenticano, sono il cemento per fare le case.

lunedì 15 ottobre 2007

Le mosche della frutta

Ieri non avevo pensieri e così ho guardato America oggi. E America oggi è pieno di elicotteri che volano sopra la città di Los Angeles, dentro la città di Los Angeles, dentro quella città con nugoli di mosche della frutta in ogni angolo, che nel film non si vedono ma che in realtà ci sono. Che io non ho capito perché questa mosca della frutta sia così pericolosa, ma lì in quella città si davano un bel daffare con gli elicotteri per sterminare più insetti possibile, che la stessa gente di Los Angeles aveva una paura fottu*a di prendersi qualche tumore, a forza di veleni sparsi nell’aria . E io lo sentivo dalla mia poltrona, ancora adesso sento l’odore della frutta marcia, della frutta forata dalle mosche. Che poi la frutta, lì nel foro, imputridisce, diventa collosa, schifosa...non serve più a nessuno, la butti nei maceri e l’aria diventa schiava di una pestilenza. E quando passi con la macchina non puoi fare a meno di chiudere il finestrino, di metterti una mano davanti al naso e alla bocca...e, anche se è caldo da morire e quel finestrino chiuso lo sfonderesti a testate, non puoi. Non puoi perchè quell’odore pestilenziale è la cosa più vicino alla morte che tu possa immaginare. E America Oggi è pieno di una normalità selvaggia, una normalità orrenda che lì in quel paese è all’ordine del giorno e se adesso saltano fuori delle persone che lì ci vivono e mi dicono che no, che gli Stati Uniti sono un grande paese delle opportunità e della libertà io non ci credo, e quindi risparmiatevi pure la fatica che io sono uno ottuso da spavento, che, se te gli dici una cosa che non gli va, si tappa le orecchie e fa nananananananana come fanno i bambini. E io un film dell’orrore come America Oggi non l’avevo ancora visto e ci sono rimasto di pietra. Che del sangue di un braccio tagliato o di un tizio truccato da vampiro io non ho paura, ma di una realtà verosimile dove la disperazione e la follia galleggiano a mezz’aria sì; sì, sì una realtà così non mi fa dormire la notte, mi fa stare sveglio come le civette di notte e i cani di giorno. E io se non dormo di notte divento intrattabile, faccio la fine dell’Uomo senza sonno che diventa magro, scavato, allucinato; ma io quella fine non la voglio fare, non voglio e non devo pensare, che poi il film di Altman è del ’93, e uno potrebbe dire che forse oggi non è più così, che magari oggi la gente non impazzisce di fronte alla quotidianità, che magari la normalità è diventata più normale di dieci anni fa...


E allora c’è questa madre nella Città degli Angeli, questa madre che ha vicino il suo bambino e lei e il bambino sono seduti sul divano; e c’è il marito appoggiato allo stipite, che mangia una roba piena di salse schifose. E la madre parla al telefono e dice sconcerie; che lei ha le tal misure, che lei ha i capelli biondi, che lei fa di tutto, qualsiasi cosa chiedi, lei fa.
E da ordini, e ne riceve, che per lei fare la padrona, o la schiava, o la bambina di quattro anni, non fa differenza. E quattro anni è l’età di sua figlia. E allora il marito la guarda, e nella faccia del marito nasce la follia. Dietro la pelle del marito si intravede il feto della follia, e muove le braccine e muove le gambine...
E io quando penso a Los Angeles penso a Lauren Bacall, e guardo se almeno una delle donne di Los Angeles ha gli occhi di Lauren Bacall. Ma niente, quello sguardo non c’è più. E allora divento un pò così, diciamo un pò amareggiato, perché La città degli Angeli che io amo è quella dei film di Hollywood a cavallo della guerra, quella in cui Bogart faceva il detective e alle donne al massimo rifilava uno schiaffo. Ed è anche quella che James Ellroy ha infilato di forza nei suoi romanzi, che io di romanzi noir non ne amo tanti, ma se leggo L.A. Confidential o Dalia nera è tutta un’altra roba; che io amo così tanto Ellroy che se dovessi prendere qualcosa per tirarmi su, penserei subito alle pasticche di benzedrina; che poi cosa sia la benzedrina non lo so mica di preciso, credo un derivato dell’anfetamina o roba del genere. E la Los Angeles violenta di James Ellroy fa tenerezza al cospetto dell’America Oggi di Altman.
E in questa America di oggi c’è un uomo ricco che parla al suo operaio povero: “Ehy Jerry, come va la guerra?” “Vincono i cattivi signore”; e c’è una figlia che chiede alla madre e la madre risponde: ”Parlami ancora di papà” “Non c’è un granchè d’aggiungere...bambina...era un testadicazzo. Inizio e fine della storia”; e c’è una moglie nuda che dice al marito nudo: “Mi fai sempre felice”; e un bambino al padre in un momento di felicità: “Papà, perchè non compriamo una scimmia?”. E intanto le mosche della frutta continuano a volare su Los Angeles, in mezzo agli angeli, e tutto diventa vischioso; e anche gli elicotteri volano, e tutto diventa scivoloso.


E ad un certo punto compare Jack Lemmon, smarrito nella Los Angeles di oggi e con una coppola bianca a righine azzurre sulla testa. Che nel ’93 Walter Matthau era ancora vivo, e Jack Lemmon un pò meno solo. E poi compare una cantante jazz, che ha i capelli rossi e una figlia che suona il violoncello e lo stringe tra le gambe. Che quel violoncello più che un suo amante, sembra suo figlio. La cantante coi capelli rossi è stanca e beve e ha una voce sofferente, con le corde vocali imbevute di disincantata tristezza. E c’è una pittrice che si macchia la gonna e se la sfila e sotto non porta la biancheria. E tutta questa gente è fantasmi tra le mosche.
Metto in pausa perchè America Oggi dura tre ore. Vado a bere un bicchiere d’acqua e accendo la tivù; e in tivù c’è un altro film di Altman, I Protagonisti, e anche qui c’è un attore che di là fa il poliziotto, e una pittrice, ma non so se questa, la biancheria, la indossi o no. E non faccio a tempo a riavviare il film che La città degli Angeli viene scrollata da un terremoto, non il terremoto che tutti aspettano ma non vogliono, quello che staccherà la faglia di S. Andreas dal continente e ucciderà Los Angeles; è un terremoto più piccolo che non spaventa le mosche. Ma per servire, serve...accelera le situazioni e conclude le storie.
C’è un uomo, truccato da pagliaccio; stringe un palloncino tra le dita. L’uomo spalanca la bocca e dal palloncino fa uscire dell’aria. Si sente uno stridio, fastidioso, pare che urli.

mercoledì 10 ottobre 2007

La mia speciale k

"Gli disse portami domani,
tralalalalla tralallaleru
gli disse portami domani
il cuore di tua madre per i miei cani.

Lui dalla madre andò e l'uccise,
tralalalalla tralallaleru
dal petto il cuore le strappò
e dal suo amore ritornò"


Io, se c’é una cosa che son bravo a fare, é tenermi lontano dagli affari di cuore. Mi hanno insegnato a portargli rispetto perché io c’ho il cuore caduco e se ci presti orecchio si sente che é labile alle alterazioni. E quando le ossa te le frantumi una, due...anche tre volte, poi impari a rispettare il cuore. Che quello é un aggeggio delicato, che non é come gli affari meccanici che smonti, rimonti e poi ti rimane sempre un bullone in mano. E io ho visto persone che venivano da me con un buco al posto del cuore, che adesso il sangue lo spingeva l’amore anziché il cuore. Che poi sta cosa dell’amore é un pò come la k speciale dei placebo, che per chi non lo sa, é la k di ketamina...ed é una roba...tipo...non cocaina, ma l’effetto é quello di una fiala d’amore in vena. E io con le droghe speciali che ti fanno sballare il cuore ho chiuso.


"Gli disse amor se mi vuoi bene,
tralalalalla tralallaleru
gli disse amor se mi vuoi bene,
tagliati dei polsi le quattro vene.

Le vene ai polsi lui si tagliò,
tralalalalla tralallaleru
e come il sangue ne sgorgò,
correndo come un pazzo da lei tornò"


Che di finire come il mio amico, piuttosto giù da un ponte. Giù a piombo da un ponte...secco senza pensarci. Che questo mio amico era uno in gamba, pieno di cose belle a cui ispirarsi...uno, che noi due di ideali se ne é condivisi...che noi due di comandamenti* se ne é infranti...uno che a dire una bestemmia faceva conto di ridere...e, insomma, sto qui lo incontro in una strada di Ravenna ed é a braccetto della monaca di Monza o di una che le somiglia, trascinato come neanch’io trascino il mio cane; e soprattutto, appeso al collo, ha un crocifisso...così accecante che attira le falene della provincia e le zanzare della regione; che non é per il crocefisso in se stesso...é per il crocefisso su di lui. E se adesso le mie forze le spreco é per trovare un’alternativa...la mia speciale k...che di morire ridendo forte a me, per ora, non va...


"Gli disse lei ridendo forte,
tralalalalla tralallaleru
gli disse lei ridendo forte,
l'ultima tua prova sarà la morte.

E mentre il sangue lento usciva,
e ormai cambiava il suo colore,
la vanità fredda gioiva,
un uomo s'era ucciso per il suo amore"



*li ha infranti più lui che io, e di bestemmie non ne dico

giovedì 4 ottobre 2007

Free Burma!

Free Burma!

Le camicie a quadroni

Io di mia sorella ho una stima che voi non potete capire...e mi sa che un pò mi stimi anche lei. E se io vado a casa sua e la scopro che guarda in tv una serie televisiva lei si vergogna, e se lei becca me, io mi vergogno. Che quando eravamo ragazzini facevamo finta di essere intellettuali e c’era un tacito accordo, tipo il silenzio assenso che te, se volevi, potevi guardare le serie tv che ti piacevano però senza farti scoprire...e allora, quando si abitava ancora insieme, la becco che stava guardando un telefilm nuovo e diventa rossa come un pomodoro di Pachino; che io mi metto lì vicino a lei per farla sentire ancora più in vergogna...solo che dopo un pò mi scappa un sorriso, e anche mia sorella ride e subito dopo scioglie la vergogna. Che da quel giorno lì io e mia sorella non si perde una puntata di quella serie tv, che quella serie tv non é altri che Una mamma per amica. E anche se non si abita più insieme noi, appena Una mamma per amica finisce, ci telefoniamo e lei mi dice le sue impressioni e io le dico le mie. Che poi Lorelai é la mamma e Rory é la figlia. E loro due abitano a StarsHollow...e Rory é la regina di StarsHollow, perché é una ragazza perfetta, che tutte le mamme vorrebbero darla in sposa ai loro figli...é innamorata di un biondino smilzo talmente insulso che sarebbe da prendere a pedate in faccia...e per dire quanto é stupido nell’ultima puntata le ha regalato un razzo. Che il vantaggio di sto biondino é che é uno della stirpe degli SpritzBerger o qualcosa del genere...e sta stirpe ha talmente tanti soldi che finanzia l’università in cui studia il biondino che in effetti fa di tutto fuorché studiare. Io porto Rory sul palmo della mano, che tutte le mogli dovrebbero essere come lei, ma Amaracchia dice che é una culona e una ragazza gne gne. In effetti un pò gne gne lo é ed é pure di costumi abbastanza lenti. Che il biondino mica é il primo ragazzo che ha avuto tra le mani. Tra gli altri c’é stato un morettino che secondo me era piuttosto in gamba. Leggeva Dylan Thomas, portava il giubbino come Fonzie ed aveva il piglio di James Dean. Si chiamava Jess e per Rory ha sofferto un casino, solo che non riusciva a soddisfare le esose richieste della principessina di StarsHollow...e quindi tanti saluti. Che a dirla tutta, tale madre tale figlia...perché Lorelai, ha divorziato da un tipo che poi era il padre di Rory; e nel frattempo ha frequentato un pò di gente...poi in ultimo si era messa con Luke, che gestisce la tavola calda di sta cittadina in cui abita tutta sta gente. Capiamoci, Lorelai é davvero una bella donna ed é pure in gamba, solo che ogni tanto la testa le parte per la tangente e fa cose di cui poi si pente. E che Luke sia l’uomo da sposare lo si vede lontano un chilometro, e la dice pure Amaracchia sta cosa...porta le camicie a quadroni come non se ne vedono più e per di più é pure il re del bricolage. Che se vi succede un guaio a casa telefonate a Luke che viene con la sua cassetta degli attrezzi e vi sistema tutto. Beh, insomma, dopo che Luke e Lorelai c’han messo dieci puntate a pianificare tutto il loro futuro...se ne salta fuori sta qua da cui la serie prende il titolo e fa al povero Luke:”Sono stata a letto con Cristopher” che a Luke ormai pigliava un colpo. Ma io dico...son cose da farsi?


dedicato ad Amaracchia

mercoledì 3 ottobre 2007

Il silenzio sul mare

Ero in macchina e tornavo a casa; ho visto il mare e c'era caos e tanto rumore. E tanto sole.
E ho pensato di condividere questo film semplicemente straordinario:


Il silenzio sul mare - T. Kitano






p.s.
se riuscite a procurarvelo e non avete il cuore di pietra mi ringrazierete

In un cortile, a Milano

Io le cose strane non le sopporto. Che non é che proprio non le sopporto, solo che devo impegnarci su la mente troppo tempo per capirle. E poi non sono veramente mai sicuro di averle capite per quello che sono. E’ che con le stramberie ci cincischio troppo e poi m’incarto. Cioé sono i miei pensieri che s’incartano. E siccome poi é impossibile scartarli una volta incartati, li devo buttare via. E per me Milano é una stramberia, andare di domenica a Milano é una stramberia. Che la gente non l’ha mai voluto capire, che poi la gente a volte é strana...e mi fa incartare i pensieri. E poi li devo buttare...pagine e pagine di pensieri al macero. Colpa della gente , mica mia.
“Che te Milano non l’hai mica mai vista”, ogni volta così, così mi fa la gente...ma io che son furbo sto zitto, che se no é come offrirgli l’appiglio su un piatto d’argento. Ma io di appigli non ne do, che sono liscio come il ghiaccio se voglio, io se voglio essere liscio non scherzo...che di scabrosità non me ne trovi addosso neppure una, io, se voglio.


Solo che la scorsa settimana mi fanno: “Che te Milano non l’hai mica mai vista”, ma lo dicono strano...e io un secondo dopo mi sono sentito addosso l’odore della paura, che avevo già capito tutto. Che infatti domenica mattina ero in viaggio verso Milano. E quella macchina era come il furgone della dhl, solo che il pacco ero io... che su quella macchina mi ci avevano caricato di forza. Nemmeno la mia bici mi han fatto salutare. Bastar*i. Non si toccano gli affetti. E allora questi qua cercavano di coinvolgermi nei discorsi e ridevano anche quando non era il caso. E ogni due minuti facevano:”Guarda! ma vè...”; e indicavano delle cose che stavano fuori dalla macchina per farle vedere anche a me e per tirarmi su l’umore. Che ne so, magari indicavano un pony, o una nuvola, o un copertone di camion al bordo dell’autostrada. Hanno indicato anche un camionista che pisciava contro il cemento del cavalcavia. Ma io niente, nemmeno una soddisfazione gli ho dato. Son rimasto in macchina anche quando si son fermati all’autogrill, e dire che mi scappava forte. E poi il muso, dovevate vedere il muso che tenevo. Che non é che me lo son visto. Ma se di una cosa son certo era sulla tristezza che infondeva quel muso. Tenevo il muso e guardavo fuori dal finestrino. Solo quello ho fatto, che secondo me a metà strada gli é passato per la testa che, forse, era il caso di riportarmi a casa dalla mia bici.
Che poi in realtà una volta sono intervenuto; é che ascoltavano musica troppo fashion...e si sa che la musica fashion scava buchi nelle superfici lisce...e così l’appiglio l’hanno trovato. E quando gli ho fatto:”Potete cavare sta roba?”, a loro non pareva vero, e hanno cominciato a sorridere e si davano di gomito come fanno i bambini. Allora mi hanno dato i cd in mano e tra la schifezza ho scelto un cd degli anni 80, che a me gli anni 80 stan simpatici. E poi in quel cd c’era Duel dei Propaganda, che Duel sta attaccata a Milano come le calamite ai frigoriferi. [continua....forse]

martedì 2 ottobre 2007

Don Chisciotte

Alice, n'do stai? Sto ascoltando Guccini...e, già, ha cominciato a scavare. Scava sotto, che tra poco poggerò sul nulla...ma a te che importa?



[ Don Chisciotte ]

Ho letto millanta storie di cavalieri erranti,
di imprese e di vittorie dei giusti sui prepotenti
per starmene ancora chiuso coi miei libri in questa stanza
come un vigliacco ozioso, sordo ad ogni sofferenza.
Nel mondo oggi più di ieri domina l'ingiustizia,
ma di eroici cavalieri non abbiamo più notizia;
proprio per questo, Sancho, c'è bisogno soprattutto
d'uno slancio generoso, fosse anche un sogno matto:
vammi a prendere la sella, che il mio impegno ardimentoso
l'ho promesso alla mia bella, Dulcinea del Toboso,
e a te Sancho io prometto che guadagnerai un castello,
ma un rifiuto non l'accetto, forza sellami il cavallo !
Tu sarai il mio scudiero, la mia ombra confortante
e con questo cuore puro, col mio scudo e Ronzinante,
colpirò con la mia lancia l'ingiustizia giorno e notte,
com'è vero nella Mancha che mi chiamo Don Chisciotte...

[ Sancho Panza ]

Questo folle non sta bene, ha bisogno di un dottore,
contraddirlo non conviene, non è mai di buon umore...
E' la più triste figura che sia apparsa sulla Terra,
cavalier senza paura di una solitaria guerra
cominciata per amore di una donna conosciuta
dentro a una locanda a ore dove fa la prostituta,
ma credendo di aver visto una vera principessa,
lui ha voluto ad ogni costo farle quella sua promessa.
E così da giorni abbiamo solo calci nel sedere,
non sappiamo dove siamo, senza pane e senza bere
e questo pazzo scatenato che è il più ingenuo dei bambini
proprio ieri si è stroncato fra le pale dei mulini...
E' un testardo, un idealista, troppi sogni ha nel cervello:
io che sono più realista mi accontento di un castello.
Mi farà Governatore e avrò terre in abbondanza,
quant'è vero che anch'io ho un cuore e che mi chiamo Sancho Panza...

[ Don Chisciotte ]

Salta in piedi, Sancho, è tardi, non vorrai dormire ancora,
solo i cinici e i codardi non si svegliano all'aurora:
per i primi è indifferenza e disprezzo dei valori
e per gli altri è riluttanza nei confronti dei doveri !
L'ingiustizia non è il solo male che divora il mondo,
anche l'anima dell'uomo ha toccato spesso il fondo,
ma dobbiamo fare presto perché più che il tempo passa
il nemico si fà d'ombra e s'ingarbuglia la matassa...

[ Sancho Panza ]

A proposito di questo farsi d'ombra delle cose,
l'altro giorno quando ha visto quelle pecore indifese
le ha attaccate come fossero un esercito di Mori,
ma che alla fine ci mordessero oltre i cani anche i pastori
era chiaro come il giorno, non è vero, mio Signore ?
Io sarò un codardo e dormo, ma non sono un traditore,
credo solo in quel che vedo e la realtà per me rimane
il solo metro che possiedo, com'è vero... che ora ho fame !

[ Don Chisciotte ]

Sancho ascoltami, ti prego, sono stato anch'io un realista,
ma ormai oggi me ne frego e, anche se ho una buona vista,
l'apparenza delle cose come vedi non m'inganna,
preferisco le sorprese di quest'anima tiranna
che trasforma coi suoi trucchi la realtà che hai lì davanti,
ma ti apre nuovi occhi e ti accende i sentimenti.
Prima d'oggi mi annoiavo e volevo anche morire,
ma ora sono un uomo nuovo che non teme di soffrire...

[ Sancho Panza ]

Mio Signore, io purtoppo sono un povero ignorante
e del suo discorso astratto ci ho capito poco o niente,
ma anche ammesso che il coraggio mi cancelli la pigrizia,
riusciremo noi da soli a riportare la giustizia ?
In un mondo dove il male è di casa e ha vinto sempre,
dove regna il "capitale", oggi più spietatamente,
riuscirà con questo brocco e questo inutile scudiero
al "potere" dare scacco e salvare il mondo intero ?

[ Don Chisciotte ]

Mi vuoi dire, caro Sancho, che dovrei tirarmi indietro
perchè il "male" ed il "potere" hanno un aspetto così tetro ?
Dovrei anche rinunciare ad un po' di dignità,
farmi umile e accettare che sia questa la realtà ?

[ Insieme ]

Il "potere" è l'immondizia della storia degli umani
e, anche se siamo soltanto due romantici rottami,
sputeremo il cuore in faccia all'ingiustizia giorno e notte:
siamo i "Grandi della Mancha",
Sancho Panza... e Don Chisciotte !



Che canzone, e che libro...un'estate c'ho passato.

sabato 29 settembre 2007

C'ho lo spleen

E’ che oggi c’ho lo spleen. Qui ci sono nuvole e tira vento e la bici é nel garage.
E allora viene mio cugino e mi fa: “Noi lunedì ci s’iscrive in piscina. Te vieni?”
E io gli faccio: “Noi chi?” E lui: ”Dai, io, il coso, il coso e la cosa. Allora, te vieni?”
E io (per farlo arrabbiare): “Ma te ci vai con le infradito?”
E lui: “Vieni o non vieni? Poche storie...”
E io: “No, per ora no...forse verso fine ottobre”
E lui: “Perché no?”
E io: “C’ho lo spleen”
E lui: “Ma va a ca*are!”
Ma io lo spleen ce l’ho davvero e, quando ce l’ho, divento maledetto, ma non tanto...tipo...un pò maledetto. E allora ascolto delle canzoni anti-spleen, tipo questa qui, che non so chi mi aveva detto di ascoltarla ma comunque adesso la sto ascoltando, e, questo, é quello che conta; che la canzone é pure carina e c’é questo tal Cherry Ghost che dice che la gente aiuta la gente...e in linea di massima é una cosa bella, e non sono certo io quel qualcuno che ha voglia di obbiettare alla solidarietà dei popoli, solo che io adesso c’ho lo spleen, e non mi sento di aiutare nessuno tranne me stesso.
Che ho provato anche con radio Prescia per vedere se mi passava questo spleen, solo che ormai le canzoni di Prescia le conosco e lo spleen non mi é mica passato.
Poi sono andato sul blog di Amaracchia a scriverle dei commenti con le faccine, che lei odia le faccine...ma niente, lo spleen non si é schiodato.
E tanto, visto che oramai non avevo più nulla da perdere mi son messo nelle cuffie il maestro Battiato e lo spleen é diventato a dir poco cosmico.
E adesso, come ultima soluzione, vado a rompere i ma*oni a mio cugino che forse lo spleen mi passa.

Vado a dormire che è meglio

Più che mettermi qui di venerdì notte per scrivere un post di quando son stato per dieci minuti Johnson Righeira non so davvero che fare. Ma non scappa fuori niente perché ho la testa occupata e mi sa che per un pò di tempo sarà così. E visto che tanto tiro fuori solo roba brutta mi son messo il maestro Battiato nelle cuffie e ascolto quello che dice lui che quello che dice la mia testa, stasera, é solo spazzatura. E io lo capisco che il maestro Battiato sta dicendo delle cose di una bellezza paralizzante...solo che son talmente belle che paralizzano pure il mio cervello, che stasera, davvero, non aveva bisogno di essere paralizzato. E se fosse almeno un venerdì notte normale...non so...o fuori della mia finestra sono arrivati i cavalieri dell’apocalisse che fanno i loro porci comodi o comunque c’é qualcosa di brutto, ma brutto forte. E poi é questione di ombre che appaiono e scompaiono, di lampioni che si accendono e si spengono e di kabalino che se la sta facendo sotto. Ma tira anche da voi sto vento? Che con un venerdì notte così ci fanno i film dell’orrore e son talmente rassegnato che se mi suona alla porta Freddie Cruger, io apro. Tanto star lì a scappare, tutto sanguinate senza un braccio, c’é sempre tempo...e che se deve far robe con me lo faccia subito, senza tante storie...che é vero che sono un pis*ialetto ma anche star lì a soffrire a gratis non se ne parla proprio. Che per dirla tutta io avevo paura di E.T. per via del dito che si accendeva con un lumino e del colore grigio asfalto di quando era malato. Che adesso E.T. non mi fa più paura, ma se non mi s’accende un lumino in piena notte davanti alla faccia...é meglio.

martedì 25 settembre 2007

Brutte storie...

Io i meme li vieterei. Ma siccome sono credente nella sfi*a questo ho deciso che sì, lo faccio...che poi ulteriori anni di rogna e sofferenza il mio fisico mica li può sopportare. Però non fatemi taggare, linkare e tutte quelle robe lì che io non le so fare.
Se volete sapere le regole di sto meme andatele a cercare sugli altri blog...comunque il succo é che devo dire otto storie di me, corte ma comunque sempre otto; che non son poche.
Sta cosa me l’ha passata Giuliana (la trovate nei commenti del post sotto). Poi devo fare le nomination con le motivazioni. Bhé, prima devo dire che non ho rancori o scheletri nell’armadio con nessuno dei nominati, però de sciò mast go on. E, insomma, i nominati sono:
Amaracchia (ama essere nominata, anche se non ho la voce della De Filippi...e cmq sto meme mi avvicina ad essere un blogger sbruffone); Anja (tanto in questo periodo é in ferie da blog...ecche mi può fare?); Artemisia (tra poco tempo sarà bloccata dall’inverno norvegese...); Baol (come titolo di riserva ha fatto registrare: vorrei essere un meme); Categong (cate e meme si sovrappongono che é un piacere e forse sono stati separati alla nascita); LaGuressa (non si spaventa certo di fronte a un meme); Prescia (Eddie Vedder mi é venuto in sogno e mi ha detto:”Nomina Prescia nel meme delle otto stazioni di vita...e io la sposerò e amerò per sempre, lo giuro!”); Tazzozza (ha il fisico per reggere alla nomination).

Sì, lo so...adesso parto sul serio; ma faccio roba corta che poi ho una cosa da fare.


1.
Quando avevo 4 anni ho visto una bambina che tirava giù le mutandine ad un’altra bambina. Una delle due si chiamava Pascal, aveva una dentatura cavallina e mi trattava come se fossi uno stupido. Ma io stupido non lo sono quasi mai stato...e da quel giorno lì le ho tenute in pugno.

2.
Quando avevo 6 anni nella sezione del p.c.i. del mio paese hanno organizzato delle lezioni di liscio romagnolo. Ero il figlio del capo e sono stato costretto a dare il buon esempio. La mia insegnante di ballo aveva un seno enorme e voleva che la stringessi. Io la respingevo, e da quel giorno che si tratti di liscio o di seni generosi a me esce il sangue al naso.

3.
Quando avevo 8 anni o giù di lì passavo l’estate e la primavera a pedalare o a leggere. Un giorno ho preso in un sasso e son caduto. Da quanto male avevo non sono più riuscito ad alzarmi. E ho scoperto che sopra di me c’era il cielo, il sole...e poi dopo un pò di tempo la luna e le stelle. Poi é venuta mia mamma e mi ha detto: “Cosa hai fatto? Alzati, é pronto”. E io mi sono alzato.

4.
Quando avevo 9 anni dormivo. E mia mamma e mio papà sono entrati all’improvviso. Sorridevano e tenevano in mano la mia pagella di terza elementare. Fuori era una mattina di giugno calda e generosa. Io non sorridevo perché mi ero fatto la pìpì a letto. Quella é stata l’ultima volta che ho bagnato il letto.

5.
Quando avevo 11 anni io e mio cugino abbiamo dovuto interpretare L’estate sta finendo dei Righeira. L’occasione per esibirci ci é stata offerta in occasione dalla festa della colonia estiva a cui eravamo iscritti. Le nostre amiche si occupavano del balletto. La classe avversaria interpretava i Duran Duran. Io facevo Johnson Righeira e dovevo soffiare in un sassofono di gommapiuma già bagnato di saliva dall’esibizione dei Duran Duran. Da quel giorno non sono stato più io.

6.
Quando avevo 13 anni ho baciato per la prima volta con la lingua una ragazza. Si chiamava Jessica e io le piacevo. Lei a me così così. Si faceva il gioco della bottiglia in fondo alla corriera che ci portava sul lago di Garda per la gita di seconda media. Jessica aveva l’apparecchio e quando ci siamo baciati i nostri denti han fatto le scintille. Ho ribaciato con la lingua una ragazza a 17 anni.

7.
Quando avevo 13 anni ho toccato per la prima volta il seno di una ragazza. Si chiamava Erika e io le piacevo così così. Lei a me abbastanza. Eravamo seduti in fondo alla corriera che ci portava sul lago di Garda per la gita di seconda media. Evidentemente ho insistito troppo e lei mi ha dato uno schiaffo. Io a lei ne ho restituito uno di una forza tale che tutta la corriera si é girata.
E’ stata la penultima volta che ho schiaffeggiato una ragazza. Mi son sentito un verme.

8.
Quando avevo 13 anni ho ricevuto la mia prima e penultima proposta di matrimonio. Lei si chiamava Lorenza ed era della mia classe. Si era in gita al parco botanico di Marina di Ravenna. Per tutta la passeggiata mi ha tenuto per mano e poi mi ha detto: “Mi vuoi sposare?”. Era bellissima, davvero. Ma ho dovuto rifiutare perché a me piaceva un’altra.

lunedì 24 settembre 2007

L'universo contro

Ci sono cose che, a volte, un uomo deve fare. E quando io mi accorgo di essere davanti ad una di quelle cose, ci penso un pò e poi la faccio. Così ho preso la macchina e poi ho preso l’autostrada, quella piena di siepi fiorite e che se la vuoi far tutta arrivi fino a Taranto. E dentro la macchina ascoltavo il cd di Saturno contro, che tanto fuori c’era solo il rumore dei camion che anche se non l’ascoltavo era lo stesso. Un altro conto era se c’era il rumore del mare, che sapevo essere lì vicino ma non lo vedevo e non lo sentivo. E quando ascolto la musica triste anch’io divento triste perché dentro sono come la carta copiativa. E infatti dovrei diventare un ballerino di tango. E’ da un pò che ci penso, e se riesco a sciogliermi quel tanto che basta mi trasferisco a Buenos Aires e tanti saluti. Poi, se volete, venite a cercarmi in una milonga che io sto lì.


E mentre pensavo che le milonghe e le balere poi, alla fin dei conti, son la stessa cosa, arrivo dove dovevo arrivare, esco dall’autostrada e saluto le siepi fiorite. Ed esco dall’autostrada non per sfizio ma per incontrare una persona speciale, tanto speciale che le voglio un bene così (voi non mi vedete ma sto allargando le braccia in modo disumano a mostrare quanto bene voglia a questa persona...é che questa persona ce l’ho qui, voi non mi vedete ma sto indicando la sinistra del mio sterno che poi si sa che contiene un muscolo involontario che fa anche da pompa). E quando me la ritrovo davanti, all’improvviso, la vedo un pò triste e le chiedo se ha Saturno contro. E lei con un sorriso come quello di Maya Sansa: “Kabalino, io ho l’Universo contro...”...e a me, perdio, mi viene da piangere che io in queste cose non son mica bravo.


E mentre sto ritornando a casa e il tramonto nelle Marche é bellissimo continuo ad ascoltare Saturno contro e continuo ad essere sul punto di piangere. Ma non piango mica, eh, che io sono un uomo. E alla sinistra c’ho le colline del Montefeltro che non finirei mai di guardarle; perché dentro le loro valli hanno ancora il sole anche se io non lo vedo...però vedo le coroncine di luce sulle sommità delle colline del Montefeltro. Che sono coroncine di tutti i colori, c’é persino il giallo paglierino, e l’arancione cupo che di là dalla collina pare esserci una fornace. E allora smetto di guardare l’autostrada e guardo solo le coroncine perché sono troppo belle, e basta con il brutto che ce n’é già in più...E dopo un quarto d’ora buona butto lo sguardo anche a destra. E rimango fulminato.


C’é uno squarcio di mare...così intenso che il cd di Saturno contro ha fatto uno scarto. E ci sono un’infinità di luci, una spiaggia enorme e una strada che ci scorre dentro. E sulla strada ci sono poche macchine, piccole, e scivolano via come i pattini sul ghiaccio. E poi il mare scompare, ma non faccio a tempo a pensare...che già ricompare: e un altro squarcio di mare mi fa un taglio nello sterno. Che di squarci di mare non ne posso più reggere perché altrimenti mi arrivano dritti al cuore. E io una volta che ero davvero innamorato e avevo il cuore fragile ho sbattuto contro un palo della luce. Camminavo per la strada con lei al mio fianco e mi sono sfigurato contro un palo della luce. Che mi son ripromesso mai più innamorato così, mai più. Lo giuro. E anche lì, con gli squarci di mare, ero arrivato al limite. E se avessi continuato sarei andato a sbattere con la macchina. Così sono uscito a Senigallia, che era piena di sabbia, di mare e di luci. Ho parcheggiato la macchina, mi sono messo il golfino e sono arrivato.... ad un passo dal mare.

sabato 22 settembre 2007

Discriminazione cellulare

Ma é vera sta cosa che degli scienziati in America hanno estratto dai topi maschi delle cellule che, forse, riparano tutte le cose rotte del corpo umano?
Che se davvero ci sono riusciti mi sa che gli danno il premio nobel, che anche quella volta che dei tizi dicevano di aver scoperto la fusione nucleare a freddo stavano per darglielo, ma poi si sono tirati indietro perché non avevano scoperto un bel niente. Se poi ho capito bene queste cellule riparano solo le cose rotte degli uomini mica quelle delle donne. Che a me questa cosa non sembra tanto giusta, perché o si guarisce tutti insieme o niente. Ma non lo dico con certezza perché, mentre ascoltavo la tele, mio cugino mi stava dicendo una sequela di stupidaggini come é solito fare e io gli dicevo di starsene zitto che volevo sentire la notizia ma lui niente, continuava. E adesso sono qui nel dubbio e non so con esattezza se gli uomini sono salvi e le donne spacciate. Che se la devo dire tutta mi sa che se qualcuno deve essere salvato quelle sono le donne mica gli uomini. Che loro sono molto più carine, hanno cura della loro persona e anche se restano sole se la sanno sempre cavare. Noi, invece, no.
E poi loro hanno lottato per un sacco di tempo per i loro diritti perché noi volevamo che se ne stessero a casa a fare le cose da donne mentre noi ce ne andavamo in giro a ubriacarci. E quanto tempo hanno passato nelle piazze a fare il segno del triangolo per dire che anche loro volevano gli stessi diritti che avevamo noi? Tantissimo. E adesso se ne saltano fuori due tizi e dicono che salvano gli uomini e le donne no? A me sembra una gran bastardaggine. Ma magari mi sbaglio.

mercoledì 19 settembre 2007

Denti smaglianti

A me quei cantanti lamentoni tipo James Blunt mi fan diventare i denti buchi. Che proprio ieri sera, questo tal cantante con la barbetta s’é infilato nella mia lista di canzoni e piagnucolava addio al suo amore. Che son proprio quelli lì come James Blunt che piacciono alle donne, perché se ne stanno in disparte, alle feste suonano la chitarra, e sembrano avere un male interiore che non riescono a comunicare. E poi ogni volta che vado dal dentista per curarmi un dente buco di cui non ho nessuna colpa mi fanno dieci lastre e mi trovano un’altra infinità di carie da curare. E se avevo in testa di spendere uno mi ritrovo invece a spendere venti. Che io vorrei dire che sono andato lì per curarmi una caria e una caria mi devono curare, ma l’équipe dei dentisti mi guarda come per dire che se non mi curo tutta la dozzina di carie che é riportata sulle lastre che tengono in mano...muoio. E allora, visto che mio cugggino mi ha detto che in Romania ti mettono su tutti i denti d’oro per un pezzo di pane, io la prossima volta vado nella migliore clinica della Romania e gli dico di mettermi su i migliori denti del migliore oro che hanno, che tanto poi paga James Blunt. E tanto che sono lì, dopo, faccio un salto a Praga e quando la città prende fuoco faccio un sorriso smagliante alle ragazze di Praga, che poi loro si innamorano tutte di me...che una fila di denti così belli e preziosi loro non l’han mica mai vista.

martedì 18 settembre 2007

E Praga ha preso fuoco (1)

La volta che mi sono sentito per davvero un ragazzo dell’Europa é stato quando a Praga c’era il concerto degli u2, e io non sono entrato. Che c’era il concerto degli u2 a Praga, quella sera, lo sapevano anche i pesci della Moldava ma io no. E ad un certo punto il sole é quasi cascato dal cielo e all’orizzonte é rimasta solo una striscia arancione. E Praga ha preso fuoco. Le guglie di Mala Strana si sono incendiate e la gente che le guardava si metteva gli occhiali da sole per non bruciarsi le pupille. Io ero uscito senza gli occhiali neri per fare vedere i miei occhi alle ragazze di Praga, e ora non sapevo come fare. Che il mio amico rideva come un matto e si metteva i ray-ban dei chips sulla punta del naso per ostentarli. Allora mi son fatto una visiera con le mani alla meno peggio e ho cercato di farmi largo in quella luce arancione che bruciava tutto. E mentre me ne stavo lì che incespicavo nei sassi e nella gente, che parevo un cieco, pensavo ai miei occhiali sul comodino e ad una delle poesie più belle di Hikmet che poi é L’ora di Praga. E adesso ve ne scrivo un pezzettino:


In questo minuto, in questo istante
a Praga nessuno ha mentito
In questo minuto, in questo istante
le donne hanno partorito
senza doglie
E in tutte le strade
non é passata una sola bara.
.......
In questo minuto, in questo istante
Vastlav è sceso dal suo cavallo di bronzo
s’è mescolato alla folla
come uno sconosciuto
In questo minuto, in questo istante
mi amavi, mio amore,
come non hai mai amato nessuno
In questo momento, in questo istante
il freddo soleggiato, sincero,
il freddo è rosa pallido
il freddo è celeste cielo


E visto che procedevo a testa bassa con gli occhi di un cinese ho solo tirato una rapida occhiata a Vastlav, veloce come veloce si guarda il sole. E’ che alle mie pupille ci tengo e Praga era così bella in quei giorni che finire proprio lì, in quel momento, di vederla mi sembrava un delitto. E Vastlav c’era ancora, con tutto il suo cavallo, entrambi avvolti in una luce assurda che a fissarli ho sentito prima una ferita agli occhi e poi alla testa. E mi son detto che davvero, questa volta, era andato tutto a putta*e. E ho continuato a procedere a tastoni ancor più di prima. E toccavo tutto quello che non dovevo toccare: mi capitavano cose strane tra le mani perché avevo le pupille ferite e non potevo farci niente. Se ci finiva una spalla o un braccio di una ragazza, sulla mia mano, ancora ancora. Ma poteva capitare che ci finisse pure altro. E allora si spaventavano e si mettevano in testa che volessi aggredirle. Ma io mica aggredisco nessuno, perché sono una persona mite e non faccio di queste cose. Solo che vaglielo a spiegare a delle ragazze di Praga che sono buono come il pane; quelle non capiscono. Volevo tornarmene a casa in santa pace e riprendere a vedere piano piano, sdraiato sul letto fissando il soffitto. E’ chiedere tanto? Ad un dato momento la mia mano é finita dentro la sporta di una vecchiarella e qua é successo il finimondo. Io ho sentito che aveva comprato il latte e un altro pò di cose ma mica volevo prendermele. Le volevo solo tastare un pò, per capire dove mi trovavo. Non sono un bastardo che va a Praga per rubare la spesa della gente. Non ho pianto giusto perché non volevo rovinarmi la reputazione con le ragazze che erano lì intorno. Giusto questo mi ha impedito di piangere. E’ che io in certi momenti so essere un ragazzo forte che non si piega alle avversità. Mi sono seduto sulle lastre del marciapiede, così, per far passare il tempo. E le lastre bollivano perché era agosto e dietro di me c’era un ristorantino e sulla lavagna del menù turistico ti dicevano che la loro specialità era il ginocchio di maiale. Che qui a Praga ci san davvero fare con quella parte del maiale che chiamasi ginocchio. Poi non lo so, la luce è scomparsa e Praga s’è spenta così come s’era accesa. Prima ho cominciato a vedere i piedi delle donne che calpestavano l’asfalto ed erano piedi bellissimi. Anche le caviglie erano bellissime, e pure i polpacci. Tutte avevano sandali carini, di tutti i tipi. Che i sandali delle praghesi si riconoscevano subito perché non erano veri sandali capitalisti. E adesso che ci penso non c’erano nemmeno tante infradito in giro. Parlo di dieci anni fa, eh. E poi ho alzato la testa e ho visto che le donne ai polpacci avevano attaccata proprio tutto il resto della gamba, e poi c’era anche il bacino, bellissimo pure lui, e la pancia e su, su, fino alle facce delle donne. Che le facce delle donne erano ancora un pò arancioni. Ed erano assurde per quanto ti lasciavano a bocca aperta. Era un’assurdità bella e la bocca era aperta di stupore. Che non avrei mai smesso di fissare quelle facce. E in ogni faccia c’erano due occhi che venivano fuori in un modo da non crederci con quel pò di luce arancione. Ed erano occhi bellissimi. Ma non scherzo quando dico bellissimi, credetemi sulla parola. E dopo aver scrutato tutte le donne che passavano per quel pezzo di strada mi sono alzato e il mio amico mi ha fatto vedere che eravamo quasi al Ponte Carlo. Che il ponte Carlo é un ponte fi*o perché c'ha le statue sulle sponde, e se le guardi da lontano sembrano statue d'oro da quanto s'incendiano quando c'é il sole.

lunedì 17 settembre 2007

N. 013405

Sabato e ancor di più domenica sono stato aggredito dalle donne. Ma la ferita é ancora aperta per poterne postare. E allora scrivo un post tecnico per riempire un vuoto. Oltre a scrivere e andare in bicicletta ho un pò di passioni che mi lacerano fin da ragazzino. E una di queste é guardare le fotografie vecchie, quelle dove i nostri nonni erano in maniche di camicia e fumavano le sigarette. Sono venuto in possesso di un archivio di più di duemila foto della seconda guerra mondiale. Foto di una bellezza rara. E da ieri mi lacrimano gli occhi e mi cola il naso da quanto son felice. Sono fotografie scattate dall’Army signal corps, l’equivalente Usa del genio militare: e...insomma...parto dalla prima che mi é capitata a tiro e che mi ha incuriosito per la stessa acconciatura che portano le donne. Poi col tempo ve le commento tutte e duemila, tranquilli. E’ la n.13405 (non chiedetemi perché, se sono solo duemila foto, questa passa i diecimila...che tanto non lo so).
La scenografia della foto é un edificio massiccio e affumicato, con le pareti spesse di file di pietra irregolari e maltate. Gli spigoli, tutti gli stipiti di porte e finestre, sono rinforzati da una coltrina di mattoni in serie di cinque, alternate a due e tre teste. I davanzali sono costruiti con mattoni inclinati e posti di taglio. Se uno me lo avesse fatto vedere, senza dirmi niente, avrei pensato che quello era un edificio vittoriano...ma siamo in Normandia. Il fotografo ha costruito la foto in modo splendido: si vedono due ali dell’edificio che si fondono in uno spigolo e lo spigolo spacca la scena in due metà perfette. Un’ala in ombra e una devastata dal sole. Ah, siamo in Normandia perché subito a fianco dello spigolo, dalla parte assolata dell’edificio, c’é una porta altissima che scompare oltre la foto. E’ una porta rinforzata da un trave d’acciaio provvisorio, che, se tanto mi da tanto, é stato posto lì con fini strutturali perché dal casino che c’é intorno si capisce che la guerra é arrivata anche qui, eccome. In Normandia, sulla spiaggia, han fatto un bordello senza precedenti, e mi sa che pure nell’entroterra qualcosa di quel bordello é arrivato. Comunque, siamo in Normandia perché appoggiato al muro, a fianco della porta alta alta, c’é un cartoncino puntato su una base di compensato con su scritto:

NORMANDY THEATER
World Premier Tonight
“Casanova Brown”
Starring
Gary Cooper and Teresa Wright

E poi, sotto, ci sono scritte un altro pò di cose...che, in pratica, la proiezione é offerta dai servizi di divisione e dal comitato per le attività di guerra e che ci saranno due spettacoli: uno alle 19.30 e l’altro alle 21.50. Sta cosa mi ha fatto un pò specie...non lo fanno un pò tardi il secondo spettacolo visto che é destinato a persone che la mattina successiva si devono alzar presto per andare in guerra? Ho verificato: Casanova Brown é un film del 1944 che in Italia é stato tradotto con “Le tre donne di Casanova” e parla di un professore universitario che si innamora di una sua studentessa...non male, eh? Non vi dico chi é Gary Cooper che se non lo sapete, tanto, non vi parlo più...ma di Teresa Wright vi dico che non era male e se non ci credete andate a vedervi quel gioiello di Notte senza fine di Raoul Walsh o anche L’ombra del dubbio di Hitchcock. Bon, torniamo a noi: in fila, davanti all’entrata ci sono otto soldati dell’esercito americano e quattro crocerossine. La testa di un nono soldato spunta da una finestra: fuma e ride come un pazzo, con il muso in ombra e una banda di luce che gli illumina la fronte; ha la faccia simpatica. Lui e una delle crocerossine sono gli unici che fissano l’obiettivo. Gli altri se ne stanno in ordine sparso e c’é un solo uomo coi baffi. E’ l’unico che é entrato, sta tutto rintanato nell’ombra per proteggersi dal sole. Ah, forse da uno stipite della porta spunta un naso che, altrimenti, non si capirebbe perché una delle crocerossine parli tutta gorgheggiante con una coltrina di mattoni. Rettifico: gli uomini sono dieci; 2 uomini e mezzo per ogni crocerossina. Dovrei dire ancora un sacco di cose, degli scarponi, delle acconciature, dell’uomo coi baffi che secondo me é il più bramato, di una delle donne che ha la gobba e porta appeso sulla schiena un elmetto come se fosse uno zainetto...ma poi il post diventa troppo lungo e non lo leggete. Vi dico solo questo. Sono tutti bellissimi. Lasciano senza parole. Sono belli come belle sono le persone che vivono epoche tragiche. L’estrema gioia e l’estremo dolore li illuminano da dentro. Noi invece siamo brutti. Ma brutti, brutti.

venerdì 14 settembre 2007

Stephen D. e i ragazzi dello zoo di Berlino

Io, con la droga, ho un brutto rapporto.
Non é colpa di nessuno in particolare, né mia né della droga, ma tra di noi proprio non va.
E’ che le domeniche pomeriggio mi portavano al parco di Faenza per tenermi buono.
E al parco di Faenza ci sono un casino di anatre di tutti i tipi che se sto qui ad elencarle tutte si fa domani.
Che io sono un ragazzo del delta e, prima, sono stato un bambino del delta e a me di anatre non ne scappa una.
Che se vedo un germano dico: “un germano!” e se vedo uno svasso dico:”uno svasso!”, oppure se in un laghetto sguazza una strolaga subito dico:”Guarda, una strolaga!”.
E io e mia sorella facevamo a gara a chi vedeva più anatre solo che io sapevo i nomi e lei no; quindi se vedeva uno smergo prima di me diceva: “guarda!...” ma poi si fermava lì perché oltre non riusciva ad andare.
Che lo smergo l’aveva visto prima lei ma non sapeva che quello lì era veramente lo smergo e allora io mi voltavo dalla parte che indicava il suo dito e dicevo: “lo smergo!” e vincevo io.
Solo che a forza di smerghi ci stancavamo e allora cominciavamo a tirare per la sottana mia mamma e lei ci comprava una piadina al crudo ciascuno e una fanta.
Che la fanta la si divideva. Metà io e metà mia sorella. Solo che a lei bere per seconda faceva schifo nonostante che quelli del baracchino insieme alla fanta ci allungavano anche due cannucce.
Così io bevevo per secondo. Perché in fondo l’uomo ero io e ci mancava solo che mi facesse schifo bere da una lattina (ma in realtà un pò mi faceva schifo anche se non lo dicevo).
E all’inizio del parco di Faenza c’é una vecchia locomotiva che hanno messo lì come attrazione per i bambini.
E quando era l’ora di fare merenda io mi facevo largo tra i bambini a forza di spintoni e andavo a mangiarmi la piadina sulla locomotiva e urlavo a mia mamma e a mia sorella:”guarda! guarda!” (e indicavo me stesso sulla locomotiva).
Solo che, una volta, da lassù in alto non mi era sfuggito un fischione femmina che stava covando le uova sotto un abete...e mi venne da pensare che magari aveva qualche crampo allo stomaco; piombai giù dalla locomotiva per tirare la mia piadina al fischione. Che la piadina l’ho anche tirata (tanto che al fischione gli é quasi pigliato un colpo) solo che mio padre mi ha urlato: “Fermo! La siringa di un drogato!”.
E infatti sotto all’abete, vicino al nido, c’era una siringa piena di sangue. Che in me quella siringa ha avuto lo stesso risultato di cento bombe atomiche su un villaggio di pescatori. E la sera sono tornato a casa come se mi avessero bastonato e alla tele c’era l’ispettore Derrick.
Che io dell’ispettore Derrick non ne perdevo una puntata.
E proprio quella sera Derrick e Harry giravano con la loro bmw per i quartieri brutti di Monaco alla ricerca di un drogato che forse aveva ucciso qualcuno.
E coi fanali della macchina se ne stavano lì ad illuminare gli angoli bui di Monaco che, anche se non si sente, si vede che puzzano di pìpì.
E poi inquadrano questo tipo mezzo morto con due occhiaie da spavento e un laccio emostatico al braccio.
E Harry fa a Derrick: “Guarda Stephen...é lui!”.
Ho spento la tele. Che si sa che quando uno é drogato ruba e uccide se é un uomo, oppure si vende se é una donna, che basta leggere di cristiana f. e dei suoi amici...
Che poi, in quegli anni lì, Berlino era anche più buia e profumata di pìpì rispetto a Monaco.
E, in pratica, da quella domenica lì, quando tra le opzioni c’era il tema sulla droga, io facevo sempre quello e lo facevo così bene e con tanta intensità emotiva che, di tanto in tanto, la maestra lo leggeva pure agli altri bambini.
E io diventavo rosso ma ero abbastanza felice perché aiutavo i miei amici a non drogarsi.

martedì 11 settembre 2007

Il blog d'asfalto e segni di scotch (e sangue)

Che fig*ata di blog che mi son fatto...grigio asfalto, ci sono anche i segni dello scotch...se non avessi altro da fare starei qui tutto il pomeriggio a guardarmelo. Che poi quelli che dicono che grigio é una tristezza non li ascolto nemmeno...e io una volta ci sono pure volato sull'asfalto che mi son rotto il capitello radiale del gomito, e all'ospedale ci son arrivato in bicicletta. Sono arrivato là col braccio nero e un pò deforme e il sangue che colava che i medici nemmeno ci credevano. E quello della macchina che mi ha tamponato non mi ha nemmeno chiesto come stavo...se ne é semplicemente sgassato via. Vigliacco, ma io gliel'ho fatto vedere di che pasta sono fatto...ho tirato su la mia bicicletta che cigolava e all'ospedale ci sono andato per conto mio con le donne che mi guardavano con gli occhi lucidi e gli uomini che mi guardavano con gli occhi di quelli che dicono che tanto anche loro riuscirebbero ad arrivare all'ospedale in bicicletta con un braccio rotto e sanguinate. Perché quel deficiente non mi ha mica messo sotto là in aperta campagna. No, no...quel cretino mi ha messo sotto nel viale del mare di Marina di Ravenna pieno di gente...per dire quanto era deficiente quel tipo. E io quella volta lì l'asfalto me lo ricordo bene perché un pò me lo son mangiato e un dente mi si é pure incrinato anche se poi me lo hanno raddrizzato. Che un bolo di asfalto e sangue in bocca non é che sia sto granché...però, visto che si dice che una volta nella vita si deve provare tutto...io il bolo di asfalto e sangue per non sapere ne leggere ne scrivere me lo sono assaggiato, vedi mai...E quindi adesso mi faccio il blog d'asfalto e segni di scotch, che se permettete sono ca**i miei, oh!

lunedì 10 settembre 2007

Elogio della zucca marina

Ho obbligato mia nonna a piantare delle zucche marine di Chioggia e l’ho fatto con insistenza perché io volevo proprio quelle e non quelle altre che aveva lei. Che quelle che aveva lei erano roselline, gialline...tutti colori smilzi che non danno certezze; che forse sì, a qualche cosa servono ma, forse, anche no. E io invece volevo una razza di zucca autoctona che a qualcosa servisse di certo. Una zucca come le donne e i buoi dei paesi tuoi che quando te la metti sottobraccio per portarla da qualche parte sai il dove la porti e soprattutto il perché. Che siccome io sono una persona incerta e non so mai cosa prepararmi da mangiare ho bisogno che al mio fianco ci siano zucche certe. E le zucche marine di Chioggia sono zucche certe per davvero: la prima certezza é che sono bruttissime che la prima volta che le vedi devi avere una persona fidata al tuo fianco; una persona che ti metta gentilmente una mano sulla fronte e una sulla schiena e ti faccia lentamente inclinare in avanti, così che tu possa svuotare tutto il contenuto del tuo stomaco per quella stessa via attraverso cui lo avevi fatto entrare. Sono così brutte che viene spontaneo pensare che siano andate una vita in piscina senza ciabatte da quante verruche hanno. Ma io alle zucche marine di Chioggia voglio una sacco di bene, sarà perché ho una certa prevalenza per le donne che non siano poi così belle che quando sei per strada tutti si girano a guardarle...cioé quelle donne che, sì, sono un pò belle fuori ma che soprattutto sono uno splendore dentro. E la seconda certezza delle zucche di chioggia é che dentro sono proprio uno splendore. I semi gonfi e maturi direi che sono quasi concupiscenti, e lo dico senza ricordare l’esatto significato di questa parola che però mi sembra che, in questo preciso contesto, ci caschi a fagiolo. E poi la prossima volta faccio anche un trattato sul fagiolo perché pure qui ci sarebbero un mucchio di cose davvero importanti da dire. Che io sono uno di quelli che si fidano solo di quelle verdure che gli crescono sotto il naso e nella fattispecie sotto il mio naso c’é l’orto di mia nonna. Che é un orto di più di un ettaro, per darvi un’idea. Un orto che avrebbe fatto tutta la sua figura anche nella valle degli orti da quanto é rigoglioso e tenuto bene. E quando vado lì, da mia nonna, mi fermo un pò con le braccia intrecciate come se tutto quel bel lavoro lo avessi fatto io con il mio sudore. E faccio la faccia soddisfatta di chi, sì, si é ammazzato dalla fatica ma che però, adesso, può godersi tutti quei meravigliosi frutti della terra che si trova davanti. Ma la verità é che io sono solo una sanguisuga e di quell’orto non ho smosso nemmeno una zolla, e come se non bastasse impongo pure a mia nonna il cosa e il cosa no coltivare. Che quando ci penso non ho nemmeno il coraggio di guardarmi allo specchio e vado in giro coi capelli spettinati e le mani cominciano a tremarmi. E quindi cerco di non pensare affatto perché non voglio finire alcolizzato. Che io lo so benissimo le cose che le nonne fanno per noi e so anche quelle poche che noi facciamo per loro, che a dirla tutta c’é da uscirne pazzi. E per riprendere la questione delle certezze della zucca marina di Chioggia dico anche la terza certezza tanto che ci sono: insomma la zucca marina di chioggia é la regina delle zucche, per davvero, non scherzo. Che le altre il confronto non lo reggono proprio, si calano proprio le braghe da tanto capiscono che sono inferiori. E poi basta imboccare la statale romea in questa precisa stagione; la imbocchi qui a Ravenna e la risali fino dalle parti di Chioggia...che tanto che vai ti guardi anche un pò di pineta e di bosco della Mesola e di altri bei posticini così (ovviamente se non guidi, perché se guidi sulla romea e non guardi benissimo la strada.. muori), insomma tu vai su questa strada romea e appena passi il Po ti accorgi che i contadini del veneto mettono fuori dei banchetti dove ti vogliono vendere quello che producono. Un pò di raddicchi, che da ste parti li mangiano al posto del pane, un pò di verdure miste e soprattutto le zucche...di quelle giallognole che in america ci fanno le maschere per halloween, di quelle roselline lunghe che hanno delle forme che non si possono dire, che assomigliano un pò a melanzane giganti, di altre che sembrano barbabietole verdognole...ma se per caso in un angolo c’é la zucca marina te ne accorgi subito perché la gerarchia si ristabilisce in un attimo. E’ come se sprigionasse una luce particolare che le altre finiscono tutte in ombra. E che lei é la regina e le altre le suddite lo si vede lontano un chilometro. Tutto questo preambolo per dire che mi sono portato a casa una zucca marina e ho telefonato a mia sorella per chiederle come l’avrebbe preparata lei. Mi ha suggerito di farci un contorno e infatti un contorno ce lo faccio. La pulisco bene, la affetto in spessore di 1 cm, olio sale parmigiano e avvolgo tutto nella stagnola, metto in forno a 200° per 25 minuti...e il gioco é fatto. Ma punto a fare almeno un risotto anche se il mio sogno proibito sono i gnocchetti. Il guaio é che i gnocchetti hanno un alto gradiente di difficoltà e io non lo so mica se riesco a gestire tutta la preparazione senza che succeda un casino. E il mio problema principale é che se per una ricetta sono previsti 40 minuti per realizzarla a me occorrono almeno due ore e mezza. Non so per quale arcano motivo ma é così. E l’ulteriore aggravante dei gnocchetti é che sono stimati in un’ora e tre quarti di preparazione. Ciò sta a significare che a me occorrono otto ore. E otto ore per i gnocchetti non sono ancora convinto di volerle spendere.

venerdì 7 settembre 2007

David, l'uomo stella

Non ha conosciuto che quando era, le luci erano basse
Mi sono appoggiato a indietro sulla mia radio
Un certo gatto era layin giù una certa roccia - e - rotola l'anima di lotta, ha detto
Allora il suono forte ha sembrato si sbiad
Ha ritornato come una voce lenta su un'onda della fase
Quello non era D.J. che fosse jive cosmico nebbioso

CHORUS
Ci è un'attesa starman nel cielo
Vorrebbe venire venirli a contatto di
Ma pensa che abbia saltato le nostre menti
Ci è un'attesa starman nel cielo
Ci ha detto di non saltarlo
'Causa conosce che è tutto l'utile
Mi ha detto che:
Lasciare i bambini perderlo
Lasciare i bambini usarlo
Lasciare tutto il boogie dei bambini

Ho dovuto telefonare qualcuno in modo da ho selezionato su voi
Hey, quello è lontano fuori in modo da lo avete sentito anche!
Interruttore sulla TV possiamo selezionarli in su sulla scanalatura due
Sguardo fuori la vostra finestra posso vedere la sua luce
Se possiamo scintillare può atterrare stasera
Non dire al vostro poppa o li otterrà bloccati in su nel fright

CHORUS (due volte)



Annovero internet tra i miei migliori 5 amici; non rompe le balle, non ha una data di compleanno, e ad ogni istante del giorno e della notte riesce quasi sempre a soddisfare la mia morbosa curiosità. E soprattutto, é creativo, lavora in silenzio e crea capolavori. E visto che la creatività é tra le mie 5 entità preferite io e internet ci rispettiamo in silenzio. A volte lo chiamo rintronet, ma così, per scherzare....Quando lo vedo assetato di materia prima io gli procuro materiale grezzo che lui in un lampo plasma in un capolavoro. Non mi credete? Bhè, quella sopra é la traduzione di starman di david bowie by google translate. Per me é un capolavoro...poi fate voi.
Un capolavoro così straordinario che può essere riassunto con la sola e ultima frase, tagliente e abbacinante:

Non dire al vostro poppa o li otterrà bloccati in su nel fright


p.s.
ma sono rintronato io o l’unica cosa che si capisce é che il coro va ripetuto due volte?

giovedì 6 settembre 2007

Il foglietto

Che bella giornata che é oggi! Avete per caso messo piede fuori? Madonna se é bello qui...di una bellezza sfolgorante. Tira un vento rohmeriano che ti lascia senza parole...che tu il vento non é che lo vedi, é tipo un amico invisibile. Il vento é come Dio... che ne hai testimonianza solo da ciò che ha creato*. Muove gli alberi in un modo commovente che sembra ti salutino, e infatti a me verrebbe voglia di salutarli ma non lo faccio. E scuote tutti i fili d'erba, fa sbattere le porte e le finestre; se ti metti a favore di vento senti le parole di chi ti sta di fronte, fili via velocissimo sulla bicicletta e se c'é una tigre nei paraggi la metti sul chi va là. Se ti metti controvento son ca**i, tranne che per la tigre. E poi c'é quel caldino che non é proprio caldo ma che ti fa venire voglia di far qualcosa, che tanto anche se poi la fai non sudi. E se io non fossi dove sono prenderei su la mia bicicletta vestito con la tutina da mezzastagione che poi verso sera si fa freschino e andrei dove dico io...che oggi a guardare da lassù tutta la valle mossa dal vento sai lo spettacolo. Ho portato da mangiare in fretta e furia ai gatti di mia nonna perché lei non può. Sono andato lì col sacco delle crocchette e ne ho fatto un mucchio, così stasera evito di passarci. Sembravano felici. Mentre me ne andavo é passata una ragazzina con uno zainetto che infilava pubblicità nella buchetta. Le ho preso il foglietto dalla mano e ho fatto finta di leggerlo con espressione interessata. E lei si é messa a ridere. L'ho fatto perché non mi aveva nemmeno guardato, come se si vergognasse. Avrei voluto chiederle se voleva una piadina ma tirava troppo vento. Poi ha fatto per andare ma dopo un pò si é voltata e ha fatto un mezzo sorriso, che anche il gatto di mia nonna ha smesso di mangiare per vederlo. Che a volte i mezzi sorrisi son più belli di quelli interi.

* per chi ci crede

lunedì 3 settembre 2007

Mario e lo strutto

Stasera mi faccio la piadina, tanto non ho niente da fare. Sono andato su youtube e ho perso tempo a guardare uno che ti diceva come farla, con la musichetta di Benny Hill in sottofondo. Come se far la piadina facesse ridere. Non ci ha nemmeno messo lo strutto, e rideva. Cosa ridi? Non lo sai che per farla buona che ti si scioglie in bocca ci vuol lo strutto? Che so che ci vuol lo strutto nella piadina saran trent'anni, e ne ho trentatre. E ride. O fai la piadina seria o non la fai. E ti metti su youtube. Cosa ti metti su youtube a fare? Per farti vedere che sai fare la piadina? Quella non é una piadina. E' una focaccia fatta a caso. E allora non scrivere "ricetta piadina"che poi io ci perdo due minuti a vederti far ridere. Scrivici "ricetta focaccia fatta a caso". Ho una mezza voglia di andare da mia nonna e chiedergli di farmi vedere ancora una volta come fa lei a far la piadina. Solo che lei quando si tratta di piadina diventa schiva. E ha paura di scoprirsi troppo e di dirti troppi segreti. E mi da delle mezze ricette. Che la piadina viene anche buona, ma non buona buona. E se devo diventare un'azdora romagnola con grembiule e tutto per fare una piadina solo buona piuttosto sto senza. Vado dalla mia piadinara di fiducia e la compro da lei. Che prima, quella, era la piadineria di Mario...solo che poi é venuta la finanza e adesso Mario gestisce un bar. Che Mario mica ci metteva le mani nella farina, lui intratteneva solo i clienti con delle gran storie, che io a dire il vero non ci ho mai creduto. E onestamente quel baracchino si sarebbe dovuto chiamare "dalla moglie di Mario" e non "da Mario". Perché lei sì che metteva le mani in pasta, mica Mario.