lunedì 29 settembre 2008

Mia sorella ha le lentiggini

Io ho una sorella che ha le lentiggini; ce le ha fin da piccola le lentiggini. Di sorella ho solo lei. Sono contento di avere solo lei, perchè mi fa anche per tutte quelle sorelle che avrei potuto avere ma non ho avuto. La migliore amica di mia sorella ha le lentiggini. Ne ha molte di più di mia sorella. Da piccola sembrava una bambina di Dublino. Adesso che sono cresciute non si vogliono più tanto bene, solo un bene normale si vogliono. Si sono sposate tutte e due. Quella quasi di Dublino ha avuto anche un bambino, solo che non lo so se si confonde con un bambino di Belfast perchè io non l’ho mai visto. Mia sorella non dice mai le cose alle spalle, preferisce guardarti negli occhi quando deve dirti una cosa. Una volta doveva dire una cosa al sindaco di Ravenna, e siccome lo ha visto in una piazza di Ravenna è andata lì e gli ha detto tutte quelle cose che doveva dirgli; stava lì, lo guardava in faccia e gli diceva tutte le cose che gli si erano accumulate dentro. Il sindaco di Ravenna si è vergognato come un ladro. A star lì a discutere con mia sorella c’è sempre da vergognarsi come i ladri. Non so, ha questa capacità di dire delle cose oneste e le cose oneste spesso hanno un odore di verità. Un’altra volta, quando io avevo tre anni e mia sorella uno, era settembre ed eravamo in montagna; lei aveva la febbre ed io no, stavo bene insomma. Mio babbo e mia mamma mi avevano lasciato nell’appartamento a vegliare mia sorella. Mi avevano dato un giornalino per guardare le figure solo che io non riuscivo a guardarlo perchè avevo paura che mia sorella morisse, e allora anzichè il giornalino guardavo lei. Dal balcone del nostro appartamento si vedeva il lago di Misurina.
Quando è andata a Genova a urlare che nessuno fa gli interessi della povera gente Mareblu e Romolino me l’hanno portata a casa così com’era partita, e allora io gli ho detto grazie; grazie per avermela portata a casa tutta intera, uguale a com’era partita.
Mia sorella mi tratta come una gatta tratta il proprio gattino. Quindi se avete qualcosa da dire con me ve la dovete vedere anche con lei, per forza. Anche se sono grande lei ha questo senso di protezione nei miei confronti Ha sempre questa preoccupazione che io stia bene, che sia abbastanza felice. Non glielo dico mai ma anch’io ho sempre questa preoccupazione che lei stia bene, che sia felice.



Adesso che ti ho messo con le spalle al muro vediamo come te la cavi. E comunque sei l'unica con cui farei quella cosa lì.

martedì 15 luglio 2008

Al di sopra delle città




Io una cosa così non potevo crederci. Nemmeno quand’ero un bambino e nemmeno quand’ero un ragazzino m’è successa una cosa così. E’ una cosa così personale e così mia che non ve la posso raccontare. Solo i confini di questa cosa posso farvi vedere. E lo faccio per voi, che nel centro di questa cosa c’è tipo il nucleo del sole e a guardare il nucleo del sole si diventa ciechi, per sempre.

Sarà stato sabato 12 luglio, non tanto tempo fa. Me ne andavo tranquillo per queste strade di collina che poi diventano strade di montagna. E all’improvviso le querce son diventate faggi. Sono arrivato dove nasce un fiume, quindi in alto. Poi sono andato anche più su, fino ad un prato dove han costruito l’hotel Paradiso. E qui ho toccato il nucleo del sole senza bruciarmi.

Nell’hotel Paradiso c’erano solo vecchietti, una ragazza che leggeva un libro e delle famiglie di roma che davano degli schiaffi ai propri bambini. E poi c’erano Franco e l’Ernesta che preparano la vera piadina romagnola. Dai faggi cadevano delle cimici nere, che se le schiacciavi morivi dal puzzo. Credo mi abbiano avvelenato il sangue quelle cimici. Da sabato 12 luglio non riesco più a dormire.

E poi ho guardato in alto e ho visto il sole tra i faggi e quindi in basso e ho visto che mi trovavo al di sopra delle città. E mi è venuto da piangere.

mercoledì 9 luglio 2008

Le tartarughe di mare

Conosco delle persone che se le guardi dentro non finiscono lì, ma hanno un buco profondo. Tutte le altre finiscono lì, ma loro no. Hanno questo buco profondo.
E’ un buco che non le fa dormire.
Le altre persone sono dei pesci, quelle con il buco profondo sono tartarughe di mare. Nuotano a lungo in profondità ma prima o poi devono tornare a galla, per respirare.
Io amo di più le persone che se le guardi dentro hanno un buco profondo. Alzano il dito per indicarmi cose che non avevo mai visto. E per questo le ringrazierò sempre.

Ci sono persone che se le guardi dentro non finiscono mai.

mercoledì 2 luglio 2008

Daje Trecciolì Daje


Volevo scrivere un post sul fatto che oggi c’è il palio di Siena ma mi è venuta una fitta di caldo alla testa ed ora ho definitivamente la testa ciondola. Allora ho cominciato a dire delle cose che mi venivano in mente dentro alla macchina fotografica. Pensavo di avere una bella voce e invece no. Ho una brutta voce.
E’ di un brutto la mia voce, diventano brutte anche le idee belle con quella voce lì. Tutte queste persone che mi dicevano te hai una bella voce, te dovresti fare una trasmissione radio, di quelle della notte, di quelle dove mettono i dj con la voce soffusa. Io poi che ci credevo, che mi son fatto una cultura di dischi jazz in vista di questa futura carriera radiofonica.
Avevo pensato anche al titolo della trasmissione, per dire.
Kaba in the night, un titolo così, per dire. Un pò magniloquente, ma chissenefrega.
Dal lunedì al venerdì, dalle undici all’una di notte. Tutto il palinsesto avevo pensato. Invece adesso sono rimasto orfano dell’idea della mia voce. Avevamo pensato di aprire una web-radio fatta di blogger. Ma adesso ho perso l’entusiasmo. Potrei collocarmi dall’1 alle 3 di notte che tanto lì non mi ascolterebbe nessuno. Tanto.
Tutti questi pistolotti che mi ero fatto su Django Reinhardt, su Keith Jarret, sulle vite maledette di questa gente del jazz...adesso cosa me ne faccio di questi pistolotti? Li butto nel cestino?
Mi è presa un’amarezza quando ho sentito la mia voce, ma un’amarezza...
Son qui dentro al sito del comune di Siena, dove l’han messo il sorteggio dei cavalli delle contrade?
Eccolo...mio cugino quest’anno deve star muto. L’istrice ha ingaggiato Trecciolino, e con Trecciolino o vittoria o morte. Quest’anno compie quarant’anni Trecciolino. Un signor fantino questo Trecciolino qui. E’ un duro, di quelli che piacciono alle donne. E’ nato nella banlieu di Siena; se è il caso di dare una frustata agli altri fantini gliela dà e poche storie. Una vergata non ha mai ammazzato nessuno, via.
All’istrice è toccato in sorte Già del Menhir, un castrone di 6 anni. Non so nemmeno che cos’è un castrone, per dire. Mi dà l’idea di un cavallo con cui si fanno le braciole, il castrone. Speriamo bene.
Magari se non riesce a battere gli altri cavalli in velocità potrebbe prenderli a spallate.
Al Montone è toccato in sorte Iolao, un castrone di 5 anni. Stà a posto pure mio cugino. Quest’anno il Montone non aveva voglia di spendere soldi nel fantino; hanno preso tal Girolamo, un esordiente. Trecciolino se lo mangia.

lunedì 23 giugno 2008

Bhèm bambini...

Bhèm bambini,
ma io in un giorno così pieno di caldo, in un giorno così domenicale, dall’aria così festiva, con delle gran farfalline del mese di giugno che piroettano nell’aria...no, ma io dico, in un giorno così bello, che ho appena finito di vedere le macchine che corrono e poi le moto che corrono...adesso, in quest’ora qui, che va dalle cinque al tramonto, con questa luce piena di umidità...
bhèm bambini,
ma io cosa faccio? Ah, io lo so cosa faccio...faccio una cosa che in due ore mi libero, una bella cosa inventata sul momento, rapida, facile da farsi che poi stasera c’è la partita...e si sa che tutti gli italiani guardano la partita, che adesso lo so che abbiam perso la partita ma prima non lo sapevo, son cose che capitano...peccato...sarà per un’altra volta. Allora niente, faccio che prendo su la mia bici nuova, una bella bici nuova color 'celeste bianchi', un bel colore che s’abbina a tutto...poi ci salgo in sella alla mia bici, una sella morbida, fatta bene, con tutti i crismi, che quando sto lì sulla mia bici mi pare d’essere in poltrona.
Bhèm bambini,
ma la bellezza delle strade di romagna alle cinque di una domenica pomeriggio, queste strade che si perdono nella campagna e poi nella collina e che si fanno sempre più piccole man mano che van su...di una bellezza peggiore del caldo afoso; ti toglie il fiato in un modo spietato, che nemmeno i caldi più cattivi riescono a fare. E tu stai lì a boccheggiare in questo mare di grano, con la tua bici color 'celeste bianchi', la tua borraccia color 'celeste bianchi'...
Stai lì, tranquillo e beato, in questa strada libera che non c’è nemmeno una macchina...ti guardi intorno, non c’è nessuno, gran grilli, gran cicale, ma di cristiani nemmeno uno. Che poi tutti gli altri cristiani sono al mare, a cercare il fresco, dicono loro. Tutta sta gente che viene giù da Bologna, da Modena, da queste città senza mare...un caos, un fitto, un rumore...tutti lì stesi, pigiati a pigliare il sole...uno stress, un’agitazione...
C’è anche il bagno dei surfisti, per dire. Che se tè sei un surfista emiliano-romagnolo vai lì in ‘sto bagno e non ti senti più solo. Non ti senti più un’anima persa. Ah, io me lo sono sempre chiesto cosa fanno i surfisti emiliano-romagnoli in questo mare che, quando butta bene, ha delle onde di venti centimetri. Allora mi vien da pensare che si racconteranno le loro avventure nei mari di tutto il mondo, poi, una volta stanchi di parlare, con le loro tavole sotto il braccio, il vento nei capelli e il sole sugli occhi...scenderanno sul bagnasciuga ad aspettare le onde grosse.
Solo che non vengono mai queste onde grosse, e loro stan lì, ad invecchiare, nell’attesa della Grande Onda. Un’ansia, un’agitazione per questa grande onda che non arriva...Questo bagno dei surfisti come il deserto dei tartari, un logoramento, un’attesa che non finisce mai...eh, ma non è mica possibile, che io quasi quasi spero che venga uno tsunami nell’adriatico, di mercoledì, magari, per regalare ai surfisti emiliano-romagnoli il loro mercoledì da leoni.
Bhèm bambini,
io adesso sono quasi arrivato alla fine del giro, sto guardando i giardini delle signore romagnole, tutti belli, ordinati, con delle statuine di gesso tutte bianche, candide...una bellezza questi giardini, un silenzio, un profumo. Ci sono qui dei signori che nel giardino han messo due scatoline di api, per dire, così la mattina hanno sempre il miele fresco. Una lungimiranza questi signori romagnoli, una parsimonia.
Queste belle case di campagna, di un bello vero, non di un bello restaurato...queste case meravigliose di un bello antico, non di un bello finto antico...con queste tavolate enormi, imbandite all’ombra di un pioppo, un pioppo enorme, frondoso, ombroso da matti, che sotto si sta di un bene, di un fresco...Madonna, sembra di stare sul set di un film di Fellini...che quasi quasi mi fermo. E il bello è che se mi fermo mi dan da bere, da mangiare, mi rifocillano...mi fan dormire all’ombra del pioppo, che poi da lì non mi viene più voglia di alzarmi.
Mi fermo giusto qui, in questo bel paesino all’ombra del rivale, questo paesino che dorme in questa domenica di giugno, con un nome così bello che si chiama il paesino di San Marco. Un bel paesino romagnolo col nome di un santo, un bel santo evangelista, che aveva anche tre amici, tre amici evangelisti anche loro. E in questo bel paesino dove ci passa il fiume, in questa domenica di giugno, io riempio la borraccia 'celeste bianchi' e mi sciacquo la faccia sudata. Una bellezza questa fontana, un luccichìo...sa di fontana antica...l’han messa qui in mezzo all’ombra...circondata dagli alberi, dalle piante...questa fontanina del paesino di San Marco che pare quasi una fonte battesimale, che ci si potrebbero anche battezzare i bambini, per dire. Sto di un bene qui. Un dispiacere, un peccato che non ci sia qui il Pascoli, che con la sua sensibilità, messo di fronte a questa calma domenicale di fine giugno, davanti a una fontanina così, con i piedi immersi in questa verzura profumata...chissà che poesia avrebbe tirato fuori il Pascoli. Io piango sempre quando leggo la cavallina storna, per dire. Ancora adesso, a questa età avanzata. Sarò di animo sensibile, sarà per via della bicicletta, di tutte queste immagini che mi scorrono davanti, boh, chi lo sa.
Bhèm bambini,
io adesso vi metto qui sotto la faccia di un ciclista romagnolo sofferente, che ha l’ansia e l’agitazione dei surfisti emiliano-romagnoli orfani del loro mercoledì da leoni. Tanto ormai ho visto anche la faccia di Baol...e insomma, un abbraccio a lui e uno per uno a tutti voi. Senza litigare, eh.





Che poi, a vederla qui, sembra di un intenso sta foto, di un ricercato...e, invece, è solo frutto di un grande male alla pancia. Davvero eh. Per dire...a volte...le cose. E allora tanto che son qui, un abbraccio lo darei ad una amica che ogni tanto ha male alla pancia, proprio come questo ciclista romagnolo nella foto. E quando il male alla pancia passa, quest’amica, fa delle foto bellissime con una macchina nuova bellissima.


Ma, senza che nessuno se ne abbia a male, l’abbraccio più grande è per la signorina H. La signorina H. è una signorina a cui non si può volere che bene. Ha dei problemi con le domeniche. Anche quelle di giugno.

sabato 1 marzo 2008

Ossessione





Bruciavo ai giorni d’estate intontito dal sole, per l’ostinazione di evitare tutto ciò che fosse un riparo. E le urla di mia madre mi inseguivano, le mosche se ne stavano appiccicate sulla pelle, cocciute si bevevano il mio sangue. Credo che in quei giorni fosse un sangue nero, scuro, di certo denso come il petrolio. Che sulla densità del petrolio non saprei dire nemmeno dieci secondi, e adesso che ci penso, forse, il petrolio non è nemmeno denso, ma di sicuro lo era il mio sangue. Ero una bestiola sporca, con un paio di ciabatte della Fass e dei pantaloncini rossi con una fettuccia bianca lungo gli orli; e quella era la divisa della mia estate, che poi, a dirla tutta, le ciabatte nemmeno le portavo tanto. Le lasciavo in un angolo della casa, magari all’ombra, o forse sparse, una in giardino e l’altra chissà dove.
In quei giorni la terra aveva sete, tanta sete. Il sole se ne stava lì in alto, silenzioso, e io lo guardavo per un secondo, come si guarda una persona degna di rispetto. Come quelle persone che se le fissi anche un solo istante di più, poi, non lo vai a raccontare in giro. C’erano spaccature e ferite profonde nella terra, ce n’erano dappertutto. Era uguale alla terra africana, la stessa che vedevo nei documentari, cosparsa di nugoli di bambini scuri con le teste grosse e le pance gonfie. E quei bambini, io non lo capivo perchè, si lasciavano succhiare dalle mosche; si lasciavano succhiare tutto, non solo il sangue. Le mosche le avevano sugli occhi, dentro alla bocca, in fondo alle orecchie. Ed erano mosche più crudeli delle nostre, che, se volevano, potevano anche farti dormire per sempre.
Nell’aria infuocata del pomeriggio portavo la mano alla fronte per farmi riparo e guardare l’orizzonte. E l’orizzonte brulicava di una luce incerta, pari pari a quella del deserto, quella maligna che genera i miraggi. Voltavo la testa a destra e a sinistra come fanno le vedette e cercavo il trattore di mio nonno. Lo vedevo là in fondo, vicino al rivale del fiume che scavava fossati. Aveva urgenza di dissetare le piante a cui voleva bene, quelle per cui lavorava da una vita. Quei fossati erano vene d’acqua, vene che servivano per nutrire gli alberi da cui io raccoglievo le pesche, le prugne, le ciliegie con le quali facevo merenda o che semplicemente lanciavo lontano, nell’orizzonte. Ed erano frutti dolci, con la buccia spessa e lucente; e adesso che ci penso credo di non aver mai ringraziato mio nonno per quei frutti.
Formavo, con mio cugino e mia sorella, una banda crudele e attraversando i campi intorno alla casa assomigliavamo a donnole dalla pelle scura; il nostro continuo movimento ci ricopriva di un sottile velo di sudore, e al sole eravamo lucidi e ingrassati come la carrozzeria di una macchina. E allora scivolavamo nell’acqua dei fossati come coccodrilli, in silenzio, per non farci scoprire da mio nonno; ci ricoprivamo di fango e aspettavamo seccasse per vedere quella nostra seconda pelle crepare. E con il fango fabbricavamo palle, più grosse di un pugno, da tirare contro le lucertole che si abbronzavano tra le pietre della casa vecchia, quella che i nostri nonni avevano abitato molti anni prima. E di lucertole ne colpivamo eccome, a volte restavano completamente intrappolate nel fango, altre volte lasciavano una coda mozzata tra le pietre.
E poi un giorno sono rimasto solo. Ho cercato mio cugino ma era partito per le terme, e mia sorella lo sapevo che non c’era. L’avevo vista andare via in bicicletta con una sua amica e nel cestino della bici avevano infilato qualcosa. Io mi ero steso sulle piastrelle fredde del corridoio a leggere un libro. Però avevo caldo, sudavo proprio; ed ero annoiato. Mia madre era in sala da pranzo, ascoltava una canzone dei Matia Bazar e mi diceva di non restare steso per terra. Sono uscito, giusto per fare qualcosa. E davanti alla finestra della sala e della cucina c’era una vasca di pietra scura e ricoperta di muschio. L’avevano riempita di acqua limpida e senza esitare mi misi a sedere sul bordo, immergendo le gambe fino al ginocchio. Tenevo le gambe a mollo per sentire il fresco, scalciando l’acqua al ritmo dei Matia Bazar.
Sentii spegnere la radio e accendere la tivù. Vedevo dietro la zanzariera la luce azzurra dello schermo e la sagoma scura di mia madre che si faceva le unghie.
“Che film danno?”, le domandai.
“Ossessione, di Visconti”
“E’ bello?”
“Sì, è bello, stai buonino...”
Allora salii in piedi sul bordo della vasca issandomi sul davanzale, sfondando quasi la zanzariera, e lì mi rannicchiai per più di due ore. Massimo Girotti in canottiera mi stava simpatico e quel film mi sembrava la cosa più bella che avessi mai visto. Non capivo tutto tutto, e continuavo a far domande a mia madre:
“Come si chiama lui?”
“Gino, lo sai pure...”
“Mamma, come si chiama il ciccione?”
“Bragana, fammi sentire il film adesso...”.
Finì quasi a sera, e non faceva più così caldo. Sul davanzale, insieme a me, era salito anche il gatto e, prima di scendere, lo scalciai di sotto.
Mi incamminai lungo un sentiero, verso il canale da cui mio nonno pompava l’acqua per riempire i fossati. Ero semplicemente felice. Volevo bene a mia madre, a mio nonno, mi piaceva camminare scalzo nella polvere. E da quel giorno amavo anche il cinema.

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p.s.
In mancanza d'altro ho riciclato questo...lo so che è troppo lirico, ma questo ho...

lunedì 18 febbraio 2008

Il mistero dei bambini nella pancia

Adesso devo scrivere un post sull’aborto perchè mi han detto di scriverlo e perchè voglio scriverlo, ma parlare di aborto è una cosa così difficile che mi fa sudare. Io, le mie più grandi esperienze le ho vissute quand’ero piccolo e una volta ch’ero in montagna c’era una donna che aveva già quattro figli, che almeno due erano miei amici, e stava per avere il quinto figlio. E a me quella cosa del quinto figlio, che stava chiuso in una pancia che aveva già ospitato quattro figli, mi pareva un mistero così grande che quando mi dicevano di toccare la pancia per sentire i calci io non la toccavo perchè mi faceva una paura misteriosa. E quel mistero della vita nella pancia, per come la intendo io, è una giurisdizione che spetta solo alle donne, che quella cosa poderosa della maternità solo loro possono sapere che cos’è. E se in un dato momento della loro vita vivono un dolore talmente grande e una sofferenza talmente grande da arrivare a dire che Questo bambino che ho nella pancia io adesso, in questo momento della mia vita, decido di non averlo...bene, se loro arrivano a dire questo, nessuno ci può mettere bocca, ma proprio nessuno. E quella gente che son uomini, e quella gente che son gente di chiesa devono parlare di altro e non di questo. Che loro saranno anche dei professionisti del mistero della fede ma per quanto riguarda il mistero dei bambini nella pancia e di quel legame ultraterreno che nasce tra una madre e un figlio, loro non possono riempirsi la bocca di ipocrisia. Che, fino a prova contraria, il mistero dei bambini nella pancia è piantato nella terra per quanto è reale, mentre il mistero contenuto nella professione di fede è più piantato nell’aria. E uno stato che sia uno stato e non la controfigura di uno stato deve difendere le proprie donne che sono la cosa più bella e misteriosa che ha. E così facendo difenderà anche i suoi bambini. E quindi 194 è un numero di civiltà e rispetto.
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Se volete dare un contributo in sostegno della 194 andate qui sul blog di alice e partecipate all'iniziativa

Questo blog chiude

QUESTO BLOG CHIUDE

Niente, insomma, devo chiudere il blog per un certo tempo determinato...però voi state tranquilli che quando son pronto per riaprirlo vi vengo a cercare io, e quindi non dovete nemmeno fare lo sforzo di venire a vedere se son tornato

però vi lascio con il post sull'aborto...e nel frattempo riflettete

mercoledì 13 febbraio 2008

A volte faccio lo splendido

Ieri sera mi pavoneggiavo con Hiraeth sul mio passato di bambino comunista e lei non ha perso tempo a dire che l’estate scorsa si è scolata una bottiglia di Sangiovese con Guccini. A parte che convincere Guccini a bere del Sangiovese è semplice come lavarsi le mani col sapone, ma, nonostante questo, mi sono sentito minacciato. Come se il mio passato fatto di feste dell’unità e cineforum fosse messo in discussione. Allora mi sono ricordato, che una volta, alla festa dell’unità di Punta marina, si parla di qualcosa come venticinque anni fa, c’era il concerto dei Nomadi e così alle cinque del pomeriggio eravamo già alla festa per prendere i posti. Poi, mentre mia mamma e mia sorella se ne stavano sedute sulla panchina della prima fila, io e mio babbo, per fare una cosa da uomini, siamo andati nel tendone dei biliardi per vedere se c’era qualcuno che giocava. Infatti c’erano Augusto Daolio e Beppe Carletti (le due anime dei Nomadi) che se ne stavano lì a fumare e a buttare giù dei birilli con le palle del biliardo. E parlare di Augusto Daolio e Beppe Carletti nella bassa padana è come parlare di John Lennon e Paul McCartney nella restante parte del mondo. Allora io sono rimasto lì in silenzio per un’ora; e dentro di me sapevo benissimo che stavo vivendo una di quelle cose per cui vale la pena dire: “Io c’ero”. Poi, alla fine, credo abbia vinto Beppe Carletti.
Ecco, con questa cosa qui dell’episodio del biliardo credo di aver stravinto la mia disputa con Hiraeth, anche se per un attimo mi sono sentito davvero minacciato.


Tina mi ha invitato a svolgere un meme gastronomico, solo che in questa storia del meme gastronomico c’è un guaio, ovvero che io e la cucina siamo al massimo lontani conoscenti. Per non sapere né leggere né scrivere vi nomino tutti, e se volete sapere di che si tratta andate sul blog di Tina.
L’abbinamento che dovrei scegliere, da buon romagnolo, è piadina e squaquerone...ma siccome è troppo facile ve ne dico uno che non vi aspettate e che ho visto mangiare in francia da uno che non ha battuto ciglio: marmellata e baccalà. Giuro che è vero. Ho avuto il mal di mare per una settimana.

domenica 10 febbraio 2008

In Romagna, di domenica mattina

Come tutte le domeniche mattina in Romagna, i vecchi spazzano i loro cortili...e io, mio cugino e Giulia, che ha tre anni oltre ad essere nostra nipote, si discute di quanto abbiano in comune i Baustelle e i Pan di stelle, così, per dire.
Che qui in Romagna, di domenica mattina, non ci si fa mai mancare niente. Ma proprio niente.

Le cose non originali

Vedi far le cose non originali...credevo di ascoltare Charlie fa surf invece è partita come un colpo secco questa tale Amore folle di questo tal Lele Battista. Bella però, bella davvero...c’è anche questa cosa dell’amore come il più sacro degl'imbroglioni...no, dai, bella perdavvero.

sabato 9 febbraio 2008

Un'estate blu



Io, a 17 anni, ho preso il coraggio a due mani e sono salito su di una corriera blu che mi ha portato in costa azzurra. E su questa corriera c’erano un sacco di altri ragazzi e ragazze che venivano con me in costa azzurra, pieni di sogni e di speranze. Che il nostro era un viaggio speranzoso lo sapevano tutti; perché noi si doveva imparare il francese così bene da lasciare tutto il mondo a bocca aperta una volta tornati a casa. Lasciare davvero tutti di sasso per i progressi fatti in quelle tre settimane in costa azzurra che se, poi, ci andava, noi, si poteva tranquillamente abbandonare la nostra vita in Italia e trasferirci in Francia da quanto bene il francese sarebbe uscito dalle nostre bocche.
E in quell’estate passata in Francia ad imparare la lingua, una famiglia francese mi ha ospitato nella loro casa francese che, oltre me e il mio amico, conteneva anche la loro figlia francese e un altro ragazzo svizzero. E, una volta, la figlia francese aveva appena fatto la doccia e tra una cosa e l’altra ha perso l’asciugamano che è finito tranquillamente per terra. Così io, che ero appoggiato allo stipite, e il mio amico che era seduto nella poltrona a guardare la tivù, siamo rimasti di gesso con le bocche aperte. Per farvi capire bene...eravamo proprio paralizzati nel vedere tutta quella quantità di bellezza francese in versione originale, cioè, proprio genuina. La figlia francese ha aspettato un pò per vedere se ci finiva la paralisi poi è scappata via con una gran scena drammatica, come se fosse morto l’unico amore della sua vita. La sera, a tavola, non avevo il coraggio di guardarla in faccia, ma al massimo le guardavo le caviglie sotto il tavolo. Per dire la mia natura codarda.
E in spiaggia, il pomeriggio dopo la scuola, le ragazze del nostro gruppo si erano scelte dei fidanzati provvisori francesi, che in realtà erano dei ragazzi africani di colore. E questi ragazzi africani, che erano tipo dei bagnini e degli animatori, avevano dei fisici migliori dei nostri che, in verità, eravamo un pò smunti. Per questo le ragazze sceglievano loro e ci passavano tutto il pomeriggio baciandosi nella bocca. L’unico che si salvava tra i ragazzi normali ero io che avevo questa gran bellezza interiore che però si vedeva anche dall’esterno; e allora, così, mi son salvato.
Comunque la cosa più impressionante di quell’estate francese era il blu che riempiva le cose. L’orizzonte era blu, il mare era blu e tu, dopo due passi fatti in questo mare, sprofondavi subito e non come nel mio mare che devi fare dei chilometri prima di sprofondare. Le signore di Nizza erano blu, quelle di Cannes erano blu, le bancarelle blu, le arance blu, i traghetti blu, la baguette spalmata di patè, che la mamma francese mi dava alla mattina come pranzo al sacco, era blu. E visto che di mangiare del fegato malato non mi andava, appena uscivo dalla casa francese che ci ospitava, lo buttavo nel cestino che anch’esso era blu.
Poi, verso l’ultima settimana, mi sono tolto gli occhiali con le lenti azzurrate e il mondo è tornato normale. Ma ormai la mia anima era blu.

lunedì 4 febbraio 2008

Big in Giapan



Questo è un appello alle persone un pò tristi, che ora respirano nell’acqua ma tra un pò potrebbero respirare nell’aria. Io ed Alabama vi diamo la possibilità di girare la testa e di respirare finalmente come si deve, regalandovi l’occasione di iscrivervi alla prima banda Yakuza italiana su suolo giapponese, con tanto di katana e tatuaggio compresi nel prezzo. E’ che se avete una vita vuota noi ve la riempiamo con degli ideali, tipo la fedeltà ai capi (che saremmo io ed Alabama), e se invece avete una vita piena noi ve la svuotiamo dalle cose inutili, e quindi ci guadagnate sempre e comunque. Se di preciso non lo sapete, una banda yakuza, è tipo un clan mafioso ma con molti più ideali e saké.
Adesso mi faccio tatuare dei serpenti nella schiena per fare vedere che sono un duro e che nel momento del bisogno posso fare delle mosse mortali con le mani. E Alabama, forse, si fa fare dei gran buchi nelle orecchie, che voi non lo sapete ma da quando è in Giappone è parecchio trasgressiva. Poi andiamo in giro per le strade del nostro territorio e chiediamo i soldi alla gente. E se loro non ce li danno noi li picchiamo perchè non possiamo farci calpestare i piedi da della gente normale. Accettiamo degli yen, degli euro, dei rubli, e dei soldi cinesi. I dollari e gli altri soldi no perchè sono in caduta libera. Quelli nella foto sono i primi iscritti, quindi occhio (sembrano giapponesi ma son dei triveneti trapiantati).
Ognuno di noi ha una parte bianca e una nera, un lato a e un lato b. Adesso è quel tempo (qui mi rifaccio a footloose...se qualcuno non capisce poi glielo spiego a parte). E’ il tempo di essere cattivi. E io sarò uno Yakuza. Sarò un Big in Giapan.
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p.s.
Baol, te ci vieni? E' per la storia del lato oscuro della Forza...

La considerazione delle donne



Su internet c'è scritto che le donne si darebbero a Bruno Vespa senza pensiero pur di comparire alla tivù.

E io che avevo un'alta considerazione delle donne...




martedì 29 gennaio 2008

La corda dell'annegato




A Bologna, in questi giorni, c’era la fiera delle cose artistiche, che si chiamano così perchè dovrebbero essere almeno un pò più belle di quelle normali. Del tipo che se ti metti a sedere su di una sedia normale nemmeno ci fai caso, mentre su di una sedia artistica quasi ti dispiace metterti a sedere, che lì ci sono delle questioni di bellezza e valori aggiunti che vengono a galla.
Infatti sulle sedie di mia sorella che sono trasparenti e artistiche non mi metto quasi mai a sedere, piuttosto mi metto sul divano. E poi la mia schiena non ama le trasparenze e soprattutto la bellezza scomoda.
Oh, io sarò fatto male, ma tutta questa bellezza, lì alla fiera, non l’ho vista. Sì, qualcuno, ma giusto qualcuno. E’ che manca la sincerità. Di fondo manca la sincerità e quindi la profondità. E le cose che stanno sulla superficie sono un pò amare, solitamente.
Anche l’ultima volta che sono stato a Venezia, dove c’era questa cosa che è la Biennale d’architettura, era più sincero il fuori che il dentro. E per fuori intendo la città di Venezia, e nello specifico l’Arsenale e le Corderie.
Ecco, un edificio bello come le Corderie mi lascia sempre stupefatto e poi, se penso che li dentro ci facevano le corde per le navi, capisci anche che c’è della profondità in un edificio così, che far le corde con perizia per secoli non è mica una roba da poco. Sì, con i miei amici abbiamo discusso delle cose organiche di Calatrava o degli interventi di Rafael Moneo alla Giudecca ma così, per dire. Mica perchè ci credevamo veramente. E poi non c’era nemmeno un plastico degli architetti che secondo me fan le cose belle.
E allora mi sono stancato presto, e visto che lì nell’Arsenale c’erano dei camminamenti nell’acqua, e in questi camminamenti c’erano dei pannelli con dei progetti, mi sono infilato per questi camminamenti; poi in fondo ai camminamenti c’erano dei cubetti di legno e mi ci sono seduto sopra. E lì da quei cubetti c’era una vista indescrivibile, che da in mezzo all’acqua abbracciava tutto l’Arsenale. Poi è arrivata una signorina con una targhetta dicendomi di alzarmi, che lì non si poteva stare, che era pericoloso e potevo cadere in acqua. Ho fatto lo sguardo seduttore e ho detto che la pelle me la giocavo io, ma non c’è stato niente da fare. E le persone lì intorno han cominciato a ridere, e quasi avrei voluto chiedere che cos’è che avevano da ridere.
Poi tornando indietro ci siam fermati al mercato del pesce di Rialto, che con quella luce lì della sera...
Ecco, voi ditemi un mercato del pesce più bello di quello di Rialto (Desa e Prescia salteran su con Palermo...che però, prima di dire, dovrebbero considerare bene quello di Rialto, e poi è così bello che la Vanessa Beecroft ci fa le installazioni, poi è vero che Jenny Saville si è trasferita a Palermo, ma mica abita al mercato).
...E’ proprio questione di spazi, di luce, di acqua...non ce n’è, per gli altri non ce n’è.
Poi perder del tempo seduti sulle panchine che guardano la Giudecca, quelle che stanno su Riva dei Partigiani (che già questo depone a loro favore), è un perder del tempo che val la pena perderlo. Uno va a fare un giro ai giardini della Biennale e poi si mette a sedere lì, così, come se pensasse. E infatti a me, quando son lì, mi vien sempre da pensare che cosa pensano quelli che abitano nella Venezia finta (tipo S.Giorgio, Giudecca...) di quelli che abitano nella Venezia vera. Se per caso si sentono figli di un dio minore. Un giorno mi sa che glielo chiedo.
Io in quelle città giovani e dinamiche come le carte di credito (tipo Londra, Milano, Barcellona –no, forse a Barcellona ci abiterei, ci devo pensare bene-, Parigi, N.Y....) non ci abiterei tranne che in orizzontale, mentre a Venezia ci abiterei. Lo so che a Venezia in estate hai la sensazione di prendere il colera da un momento all’altro (almeno per me) e in inverno diventi così triste che vorresti affondare nella laguna. Ma Venezia mi si confà...ma anche città tipo Genova, Marsiglia...ecco, col mare e le strade strette, sacrificate...però Venezia di più, che c’ha dei valori aggiunti che vi dico un’altra volta perchè ora ho sforato. Ma Venezia di più, sì.
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p.s.
Anja, non t'arrabbiare...che con quelli che abitano a Milano non c'ho mica niente...era così per dire, per scherzare...






domenica 27 gennaio 2008

Un Olocausto è per sempre

Se questo è un uomo

Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case,
Voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per un pezzo di pane
Che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d'inverno.
Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi;
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi.
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Le parole da aggiungere sono poche, quasi nessuna.

Ma se le nostre memorie saranno troppo rattrappite, se ai nostri figli non insegneremo il ricordo, se il dolore e l'orrore non coglieranno i nostri occhi alla vista di quelle immagini legate a queste parole...che i versi finali di Primo Levi ci sorprendano nella dolcezza del sonno...che la casa ci si sfaccia, che la malattia ci impedisca, che i nostri nati torcano il viso da noi, che la nostra anima ci abbandoni e resti solo un numero a ricordarla.



sabato 26 gennaio 2008

La riproduzione dei rumori e la fintezza dell'amore

Ho la convinzione, che quando viene l’inverno, il mio cervello subisce una frenata. Dipende dagli inverni ma ci sono casi in cui la frenata può essere anche brusca. E la minima cosa che mi metto in testa è di non essere capace di tirare fuori dei pensieri uguali a quelli dell’estate. Allora l’altro giorno, e anche con un pò di sorpresa essendo un pensiero invernale, mi è venuta questa idea da spaccare i muri da quanto era da urlo. Un pò mi scoccia dirvelo perchè non l’ho ancora brevettata, però non resisto. In pratica mi è venuto in mente di costruire una scenografia di suoni, tipo rumori estivi, per riprodurre la tipica giornata di un giorno d’estate. Così ho scaricato da internet dei rumori che non pensavo nemmeno esistessero su internet. Dei rumori tipo il casino che fanno le cicale in estate, o il casino che fanno le rane d’estate, o lo sfrondìo del vento del sud carico di sabbia tra gli aghi di pino dei pini che stanno qui fuori casa mia; e, insomma, tutti rumori così, di questo tenore. Poi, qui nelle casse del computer, ho messo i grilli, nelle casse dello stereo grande, ho messo le rane, in quelle dello stereo piccolo, gli uccellini del mattino (tipo passerotti, fringuelli...), nelle casse della televisione ho messo il vento, nel lettore mp3 ho messo l’acqua del fiume. Poi ho alzato il riscaldamento e mi sono messo in mezza manica. E le mie gatte, quando han sentito tutti questi stimoli sonori, si sono messe sull’attenti e hanno strabuzzato gli occhi perchè loro ai fringuelli non resistono. Che come paradiso artificiale è anche venuto bene, ma la mia testa deve avere fiutato l’inganno perchè ha prodotto un unico pensiero che non era neanche un granchè. Era un pensiero sulla fintezza dell’amore. L’altro giorno un mio amico mi ha detto di essere quasi innamorato di una ragazza della Romania e a me spontaneamente mi è venuto di metterlo in guardia sulla fintezza dell’amore. Solo che lui, che ha un cervello funzionante anche nei mesi freddi, ha pensato di non ascoltarmi e di vivere il suo amore così come veniva. Infatti, alla fine, io mi sono vergognato del mio razzismo sentimentale ma gli ho detto che non era colpa mia; ma del freddo.

giovedì 24 gennaio 2008

Ciao Bulow

L’altro ieri è morto Arrigo Boldrini, che poi, per noi di Ravenna, era semplicemente Bulow. Comandante della 28° Brigata Garibaldi “Mario Gordini”, eroe della Resistenza, dopo l’8 settembre ha organizzato la guerra partigiana nella pianura attorno a Ravenna, ha impedito il bombardamento della città da parte degli alleati liberandola da quelle simpatiche persone che erano i nazi-fascisti, è stato senatore della Repubblica e molte altre cose.
Io, che sono stato un bambino comunista, Bulow l’ho visto tante volte e ogni volta con gli occhi pieni di meraviglia. Alle manifestazioni del 25 aprile, o alle feste dell’unità, o quando si passava davanti alla sua casa vicino al Duomo il mio babbo mi diceva: “Guarda c’è Bulow” e io c’ho messo tantissimo ad inquadrare quell’omino piccolo con lo sguardo scuro e determinato. E’ che era troppo piccolo per essere un eroe, e forse troppo vecchio.

Ho una insana passione per la storia della Resistenza, della mia regione in particolare, e l’unica tessera politica che possiedo è quella dell’Anpi (Associazione Nazionale Partigiani Italiani)...ah, la porto con molto orgoglio. E’ che a volte quei libri pieni di considerazioni filosofiche e prospettive esistenziali che la gente usa come indirizzo di vita (tipo Siddartha o libri così) possono essere sostituite da cose più leggere e con meno pagine, tipo la tessera dell’Anpi (almeno per me, e uno è sempre più di zero...). Ho messo questa foto di Bulow in mezzo ai bambini perchè quello è il posto in cui devono stare le persone come lui, che i grandi c’han la testa troppo dura. Il mio 25 aprile, negli ultimi anni, lo passo in bicicletta lungo i fiumi della mia Terra. Ogni tanto mi fermo in un posto dove è stato versato del sangue per liberarla, che sia una stele, un cippo o qualunque altra cosa. E faccio dei pensieri in mezzo ai grilli e al silenzio. Quest’anno uno sarà anche per te.
Ciao Bulow.

lunedì 21 gennaio 2008

Johnson il farmacista

Questo post lo scrivo per dire che l'amicizia è strana. E visto che diverse volte mi sono imbattuto nella stranezza dell'amicizia ho pensato che fosse il caso di fissarla questa cosa strana. Che se no, a volte, i concetti scappano. Io e Baol siamo amici, amici che non ci siam mai visti, ma comunque amici. E allora, forzando sul concetto, si può anche dire che siamo tipo una joint-venture...non una joint-venture di aziende, perchè io e Baol non siamo delle aziende, ma una joint-venture di esseri umani. Una joint-venture che si basa sul niente, ma pur sempre una joint-venture. E per come la vedo io, in un consorzio di persone fatte con la carne e con le ossa, le cose le si deve dire in faccia senza tante remore. Solo che Baol, l'altro giorno, salta fuori dicendo che io e lui c'abbiamo un manager che si chiama Johnson. Io, all'inizio, pensavo che fosse quello del baby shampoo (da piccolo usavo quello giallo, poi quando han buttato sul mercato quello rosa-soft son diventato grande). Invece no, era un altro. Questo qui si chiama Johnson il Farmacista. Allora mi sono inca**ato un pò e ho detto a Baol che contro Johnson il Farmacista non c'ho niente, però le cose potrebbe anche dirle prima. E lui ci è rimasto un pò secco e per giustificarsi ha detto che Johnson il Farmacista è un bravissimo manager e che ha dei contatti anche in India. A me, questa cosa dell'India, mi è parsa un pò strana anche se, tendenzialmente, di Baol mi fido. E adesso ho il problema di dovermi presentare a Johnson il Farmacista, che io a presentarmi alla gente non son tanto bravo. Così ho pensato di scrivere questo post risolutivo. Infatti un pò è scritto per l'amicizia e un pò è scritto perchè Baol lo legga e vada a dire a Johnson il Farmacista che ho scritto un post che porta un titolo col suo nome in modo tale che venga Johnson a presentarsi e non io. Poi, niente. Visto che adesso sto via un pò di giorni e non ci sarò, voglio dire a Baol e Johnson che di andare a fare delle presentazioni a Bombay non se ne parla. Ma proprio per niente. Se vuole ci va Baol a Bombay, non io.
E' che il caldo umido a me m'ammazza. Per dire, quando sono stato in Nord Africa, mi ha ammazzato il caldo secco, figuriamoci il caldo umido. Ecco, al limite al limite, se a Bombay vado, l'Imodium lo mette Johnson visto che è il farmacista (sperando che questo sostantivo aggettivato indichi proprio quello che dà via le medicine). Io per l'Imodium non tiro fuori un euro, che sia chiaro.
Ben, adesso vado. Ciao.

sabato 19 gennaio 2008

Io, qui, c'ho tipo una notte bianca

Vi avverto subito che le parole che seguono son più scassate del solito, è che le ho scritte coi pestoni sotto gl'occhi

Io adesso qui non so come fare, perchè sono ormai le quattro e non riesco a dormire. E ogni tanto questa cosa del non dormire mi succede, questo sonno che non viene mi dà fastidio ma tanto non viene e quindi m’invento delle cose per non pensare. E la cosa migliore per non pensare è leggere dei pensieri fatti bene, che han scritto degli altri ma almeno non sono i tuoi (che se fossero i tuoi non dormiresti ancora di più...forse, addirittura, non dormiresti mai più). E niente, quando è notte mi vengon anche delle rime nelle cose che scrivo ma voi non fateci caso perchè non sono intenzionali, anzi son proprio casuali (avete visto che anche adesso c’ho fatto la rima...è così, di notte non mi salvo). Allora oggi la mia salvezza è stata che è arrivato il pacco dell’Ibs e io quando arriva il pacco dell’Ibs lo assalgo perchè son curioso di leggere dei pezzi in qua e in là dei libri che ho ordinato. E allora, per primo, ho cercato L’oro in bocca di Alice, ma quei disastri dell’Ibs me l’hanno depennato perchè non era ancora disponibile e così son rimasto senza e adesso l’ho già riordinato insieme a quello di Lb. Bene, era solo per dire che ho cominciato altri quattro libri oltre ai nove che sono sulla scrivania. Adesso di segnalibri non ne ho davvero più ma fa niente (ah, di notte non metto la punteggiatura...o comunque ne metto poca; anche di giorno non la metto ma di notte di meno). E nella fattispecie son due quelli che proprio ho per le mani adesso...Roma di Ugo Cornia e Siam poi gente delicata di Paolo Nori. Adesso, che Paolo Nori è bravo si sa e dopo di questo me ne manca solo uno dei suoi da leggere (Bassotuba non c’è) però, se proprio vi devo dire io, per Ugo Cornia c’ho una preferenza. Solo che in questo qui che sto leggendo c’è stata tipo un’involuzione, come se qualcuno gli avesse detto di bonificare il linguaggio. Il bello di Ugo Cornia è che c'aveva questo linguaggio che partiva storto per arrivare dritto (a volte restava proprio storto e basta). Adesso è un pò troppo dritto. Ci sono ancora degli spazi di una bellezza sconvolgente ma sono in qua e in là e bisogna cercarli. Una cosa che mi ha fatto piangere dell’inizio di Roma è che lui se ne andava in giro per Modena a distribuire dei certificati elettorali, poi è arrivato in un posto dove c’era della gente seduta fuori che giocava a carte, tipo una festa di paese, e quando han visto che era l’omino dei certificati elettorali gli si son fatti intorno e gli hanno offerto del vino. Poi quando ha tirato fuori i certificati e ha detto che si doveva firmare per il ritiro, i vecchietti gli han detto se si vinceva qualcosa con quel firmare e con quel certificato. E chi vive in Romagna o in Emilia lo sa benissimo che i vecchietti chiedono sempre questa cosa del vincere se te gli dai qualcosa o gli fai firmar qualcosa. Anche i miei nonni facevan così. E allora mi son messo a piangere (un pò anche perchè gli occhi mi bruciano dalla notte bianca). Ecco da ultimo vi dico che va bene comprare i soliti Baricco, Ammaniti e compagnia...ma ci son anche autori che meritano se non di più almeno uguale (per me di più...se proprio devo dire io)...insomma, sti qui tipo Cornia o Nori comprateli che son gente delicata.
(Sì ma comprate anche Alice e Lb che sono ragazze altrettanto delicate se non di più, per me di più se proprio devo dir io...)

sabato 12 gennaio 2008

Una specie di augurio, pieno di speranza, di grazia, di leggerezza e di altre cose che vi dirò quando mi verranno in mente

A casa mia non ho abbastanza segnalibri carini e devo strappare dei fogli di carta per ricordare il punto in cui sono arrivato a leggere. Ho una specie di sindrome che mi fa cominciare i libri ma non me li fa finire, e così adesso ho nove libri che stanno su una pila e non so se li finirò mai. Il post che dovevo scrivere era su uno di questa specie di segnalibri, che nella fattispecie è un biglietto di un concerto dei Radiohead di dieci anni fa, e, siccome al concerto son già stato, adesso quel biglietto ha il valore della carta da buttare nel macero, tipo di quella carta che il macellaio usa per avvolgerci la carne che perde il sangue. Mi è sembrato una bella cosa dare al biglietto dei radiohead la possibilità di cominciare una seconda vita da segnalibro. E’ come dire a tutti che nella vita c’è sempre una speranza e una possibilità per ricominciare. E’ che a me piace il cinema e allora ogni tanto mi piace pensare queste cose. Insomma, avrei dovuto ma ora non posso. Adesso non mi riesce di parlare di segnalibri perchè stasera sono andato a comprarmi un crescione dalla mia piadinara di fiducia e quando sono entrato sotto il teloncino di plastica per non bagnarmi ho visto che parlava con un signore e ho capito che aveva intenzione di mettere in vendita il baracchino delle piadine. E allora quando il signore se ne è andato l’ho un pò aggredita per sapere se era vero che voleva vendere, e, se era vero, perchè voleva vendere...e che l’avrei ritenuta direttamente responsabile di tutte le cattive piadine che avrei mangiato in un futuro senza di lei. E poi le ho detto anche altre cose che non ricordo. Allora lei ha cominciato a dirmi delle cose che non capivo e che poi ho capito. Non erano tanto belle e dopo un pò, anche se la sua faccia era normale, negli occhi è spuntata dell’acqua salata. Tipo un piccolo mare. Come se uno avesse un mar morto negli occhi. E se te metti un uovo nel mar morto lui sta a galla da quanto sale c’è. Mi ha detto che fin da piccola il suo corpo produce del calcio in più e le si formano delle specie di ossa che non dovrebbero formarsi. E questa volta, l’osso in più, le si è formato dentro la testa. La devono operare e non si sa come andrà a finire. E allora adesso vende tutto. Mi son mancate le parole per dirle delle cose di conforto, tranne in bocca al lupo. Lei ha detto:”Speriamo che il lupo muoia” e ci siamo messi a ridere. Poi mi sono accorto che mentre stendeva le piadine col mattarello mi diceva in qua e in là dei segreti sul come si fa a fare la piadina buona. Come se non mi volesse lasciare a mani vuote, come se mi volesse mettere in grado di farmela da solo la piadina nel caso che non trovassi il degno sostituto. E allora due di questi segreti li condivido anche con voi, ma solo due, che gli altri li tengo per me. Uno è che il lievito va sempre comprato sigillato in piccolissime quantità e l’altro è di usare solo il sale grosso delle saline di Cervia. In questo modo la piadina sarà bella grossa e bella soffice. Ho un bel rapporto con la mia piadinara anche se io sono uno che parla poco. Sono un romagnolo atipico mentre lei è una romagnola tipica e parla anche per me. E poi abita in un posto che a me piace un sacco, ed è vicino a Brisighella, lì dove comincia la salita per monte Mauro. Son posti che faccio in bicicletta e che quindi non posso che amare; è che la mia bicicletta mi fa amare tutti i posti che attraverso con lei, diventano tipo percorsi dell’amore e della bellezza quelli che faccio con la mia bici. E, per dire il feeling che c’è con la mia piadinara, lei da giovane andava in bicicletta e poi quando le sono nati i figli li ha iscritti in una squadra di ciclismo e quando si dovevano allenare, visto che erano piccoli, lei andava a fare i percorsi in bicicletta con loro. E la figlia l’ho anche conosciuta perchè all’inizio faceva le piadine anche lei. Ed era bellissima. Non vi spiego il mio concetto di bellezza ma se vi dico che era bella dovete fidarvi. Io quando parlo di bellezza sono sui generis, del tipo che non mi fido mai dei canoni degli altri ma mi fido solo dei miei. Per me vale quella storia della prima impressione. E’ come se alle cose facessi una foto polaroid e solo di quella mi fidassi. Insomma, questa ragazza aveva il sorriso con la luce e per me questo basta e avanza. Ed era una ragazza romagnola tipica, come sua madre. Parlava sempre e poi in mezzo alle parole ci metteva un sorriso (uso l’imperfetto ma lei è viva e vegeta...è che per me vale solo il tempo dei miei occhi...quello che vedono è il presente e quello che non vedono è il passato o l’imperfetto o forse il futuro, forse). E allora quando andavo lì (e ammetto che nel periodo in cui c’è stata lei andavo con una frequenza che poi non ho più avuto...però la colpa non era mia ma del suo sorriso luminoso)...ecco, sì, dicevo...quando c’era lei io andavo lì e lei mi indicava gli alberi, visto che nel cortile della piadineria c’era un olmo, un pioppo e un gelso che adesso si è seccato. E visto che io amo gli alberi romagnoli ascoltavo molto volentieri quello che raccontava. Eran tutte cose sulle malattie degli alberi e sui tempi di fioritura degli alberi. No, niente, è che in quel periodo, all’università, stava studiando per l’esame di botanica e di alberi se ne intendeva tantissimo. Così io stavo un pò girato verso gli alberi e poi mi voltavo e facevo delle gran bocche di meraviglia per farla ridere, anche se non ce n’era bisogno perchè lei rideva benissimo da sola. Ecco, solo per dire tale madre e tale figlia e che a volte la continuità è una bella cosa.
....Poi ha finito di cucinare il crescione e me lo ha messo in un sacchetto e quando è stato il momento di pagare mi sono accorto che avevo pochi spiccioli e cinquanta euro attaccati. Così mi è rimasto un debito di un euro e le ho promesso che quell’euro lo avrei portato in bicicletta fin su a monte Mauro per saldare il mio debito...e la piadinara si è messa a ridere. Lo so che l’ho tirata un pò lunga ma io non son bravo a dire le cose dirette; l’importante è che si sia capito che questo post è una specie di in bocca al lupo per quella signora lì, quella che fa le piadine buonissime, che va in bicicletta con i figli, che mi dice i segreti delle piadine, che abita in un bellissimo posto in collina che ci si va solo con la jeep e con la panda 4x4 e che ha una figlia con un incredibile sorriso luminoso che conosce vita morte e miracoli degli alberi di Romagna.


Ora è venuto il momento della smematura, simile alla svinatura (che qua in romagna si fa sul finir d’ottobre) e alla maialatura (che qua in romagna si fa sul finire di dicembre).
E niente...se le ricordo tutte, quelle che mi hanno incoscentemente nominato sono le seguenti persone, meravigliose e dai sorrisi luminosi: Alice (io il libro lo aspetto ma qui non arriva....ehi voi! Comprate L’oro in bocca...quello qui a fianco!), Desaparecida, Dressel, Maricri (che mi dice sempre cose di una tale bellezza che io non so come fare a sdebitarmi...), Laura, Guernica, Inenarrabile (che io starei sempre sul suo blog ad ascoltare la marcia turca e a vedere la signorina che cammina per la strada dove due persone si baciano)...e credo qualche altra persona un pò di tempo fa, anche se poi io, nella mia irresponsabilità, ho lasciato cadere nel dimenticatoio. Un giorno pagherò per tutto questo.
Ho deciso di fondere tutti questi meme in uno solo e di nominare cinque blog che amo parecchio. Lascio fuori per ragioni sentimentali quelli del baracchino (Baol, Anja, Amaracchia, Desa...che per me sono sempre da primo premio...ma proprio sempre) e le signorine che mi hanno nominato (e anche qui, per Alice, devo dire qualcosa...insomma, come ha scritto lei, ormai siamo legati quasi indissolubilmente...e niente, sta ragazza la stimo parecchio. Ah, la mail la scrivo...è che volevo metterci dentro anche la recensione di Million dollar baby, forse. Però stavolta mi hai davvero detto una cosa da restarci secco. Per quello che hai scritto di me sul tuo blog non so come ringraziarti. Ci devo pensare su).
Premesso che tutti i blog inseriti nella mia lista qui a fianco hanno un piccolo orticello nel mio cuore (del tipo che lasciare fuori Artemisia o La Guressa o SoY o la Rimastanza o Prescia mi sembra un delitto)....ma uff...andate a quel paese!...io non son buono di lasciar fuori la gente...
Insomma i nominati son questi qui:



Categong:
Cate farebbe parte del baracchino solo che ha alzato una spugna, una volta, e basta. E lo ha fatto come puro gesto estetico e senza nessun fine pratico, che poi è una cosa tipica degli architetti. E poi c’ha questa cosa che è la mia blogstar preferita e quindi tendenzialmente le cose gliele perdono anche se mi da del gazzellone amoroso, è anche vero che io le do della fenicottera ma gazzellone amoroso è di una bruttezza unica. Secondo me Cate è come la sirena della polizia, non tanto per il rumore quanto per la luce sfolgorante, che se ti casca negli occhi li devi chiudere per forza. Io non l’ho mica mai vista e non le auguro nemmeno di assomigliare nel fisico a una sirena della polizia però secondo me è così. E poi, sempre secondo me, Cate c’ha la testa che scotta...del tipo che se le metti la mano sopra i capelli ti bruci e la devi togliere. Infatti nei capelli deve mettere delle lozioni con i semi di lino per rinfrescarli. E’ che pensa delle cose fuori del comune, proprio intelligenti, e allora la testa si scalda, però lei c’è abituata. Adesso fa la sirenetta in altri oceani più chic, tipo i social network, e ha lasciato noi poveracci dei blog normali da soli. Secondo me una santa non dovrebbe fare così, ma nella vita si vede anche di peggio.

Alabama:
Cosa volete che vi dica, io quando leggo i suoi post e tipo sono arrivato a metà...o vado in bagno o mi faccio la pipì addosso. E’ che le cose che scrive mi fanno ridere in quel modo che è brutto a vedersi perchè uno perde il controllo di sè e la faccia si deforma e chi entra in quel momento non ti riconosce più. E poi ha una abilità speciale che ogni volta s’inventa un nomignolo nuovo, sempre con la radice Kab, ma sempre diverso ogni volta. E io non ho ancora capito come fa. Tenete conto che vive in mezzo agli jappi, che poi sono i giapponesi, e anche se ci provano non riescono a piegarla nemmeno un pò e, anzi, secondo me è più romana di quando è partita.

Francesca:
Io sulle cose do sempre giudizi a sentimento dove la ragione c’entra poco o nulla. E secondo me Francesca è una persona piena di grazia, e quindi il suo blog è pieno di grazia. E non intendo mica piena di droga come succede nel film Maria full of grace. Intendo proprio la vera grazia, quella che ha un rapporto con la leggerezza delle cose belle. Il suo blog è talmente saturo di bellezza che quasi mi sembra troppa. E’ come entrare in un corridoio pieno di finestre, ed affacciandosi ad ognuna di queste finestre si riscopre un pezzo della propria vita (almeno questo vale per me...). E chi mi parla con amore dell’affinità elettiva tra Hisaishi, Kitano e Miyazaki mi sbrindella il cuore (a questi tre signori qui sono sensibilissimo).


Fedesottovuoto:
Se c’è una cosa che mi fa restare a bocca aperta su questo mondo è la leggerezza. E Federica, che poi è la signorina che disegna i fumettisottovuoto, ha questo dono nella mano. Io per fumetti intendo solo Charlie Brown e Mafalda, con loro son cresciuto e loro sono i miei unici amori. E per me, Schulz e Quino, sono delle persone che avevano della genialità nelle mani. E c’era anche della poesia nelle loro mani. Di un fumetto non mi interessa nè la verosimiglianza, nè il colore, nè la patinatura...Pretendo solo la leggerezza...e Fede ce l’ha.

Lb:
Perchè è la Carrie Bradshaw dei blog. Perchè mi fa ridere, mi piace il modo in cui affronta la vita, perchè le sfilo le canzoni dalla playlist...E se fosse per me le farei assegnare di diritto una goldcard per entrare a qualsiasi evento mondano, artistico o di che cavolo di natura sia. E poi, sempre se fosse per me, farei capire a quei signori che fanno le scarpe, tipo manolo Blahnik (se esiste), o le borse di muflone (tipo Gucci) che è nel loro interesse far arrivare ad Lb, comodamente a casa, le loro collezioni. Poi lei darebbe alle scarpe e alle borse il loro bel risalto negli eventi mondani e questa gente qui avrebbe tutto il loro ritorno. Ah, mi dimenticavo che la goldcard include la possibilità di accedere ai camerini delle star, così da riuscire a fare le interviste a sangue caldo.
(Ho cercato di comprare il suo libro per mail senza risultati; ora tenterò con Ibs...fatelo anche voi!)



E il premio della critica va a Madd, che non scrive facile perchè scrive fiabe per orchi...e scrive così denso che ogni volta mi invischio nelle sue parole. Ma sa scrivere, e nel suo vocabolario ce ne stanno dieci dei miei.



p.s.
Ci sono blog che leggo ma che non hanno bisogno della mia segnalazione. Però, per chi non ci sia mai passato, segnalo:
Chinasky, Elena, Eiochemipensavo, Bloggointestinale, Ninna (in particolar modo quando canta) e altri che vi segnalerò quando mi verranno in mente.