venerdì 30 novembre 2007

Le cose piano

Voglio che tu mi dica le cose piano, che me le dica bene
Voglio che tu le dica per me, per farmi capire
Che ti fermi qui davanti per guardarmi nella faccia

Voglio giorni di primavera pieni di fiori bianchi
E di cespugli di more che ti fan la lingua nera
E che di fronte agli altri tu mi stringa tra le braccia

E voglio vederti ridere, sempre e per sempre














p.s.
è che io le poesie non le so scrivere, non le scrivo mai...mi serviva per dire che faccio sempre più fatica ad aggiornare il blog e questo mi dispiace perchè al mio blog voglio bene. Però questa poesìola è scritta per una persona vera, fatta proprio con la carne e con le ossa.

domenica 25 novembre 2007

La salute della mia testa

Io ho questo difetto di temere per la salute della mia testa; del tipo che ho sempre l’impressione di sfracellarmela da qualche parte. Se passo sotto un cavalcavia chino la testa come un penitente; se, tipo, salgo una scala un pò sacrificata mi rincasso tra le spalle per paura di lasciare tutto il pezzo dalla fronte in sù appiccicato ad un solaio. Che, della mia faccia, il pezzo migliore è dalla fronte in giù, ma anche quello dalla fronte in sù non fa schifo; e comunque ci tengo, quindi discorso chiuso. E allora una volta eravamo nel deserto, e l’albergo era proprio una fortezza; che in passato la usavano i berberi come accampamento invece adesso la usano i turisti come punto di partenza per la scampagnata di trecento metri sui dromedari (nemmeno i cammelli, i dromedari...). E allora stavamo lì, tranquilli, nel cortile interno di ‘sta fortezza; e lì dentro non ti mancava nulla perchè c’era la piscina normale e quella termale; e il pomeriggio l’ho passato a mollo nell’acqua che sapeva di zolfo fintanto che non mi son venute le piegoline sulla pelle. Poi è venuta sera, e un nostro amico fa: “Andiamo a veder le stelle?”. E allora siamo usciti dalla fortezza, muovendoci in un aria secca che misurava 45°; e lì fuori era pieno di sabbia, sabbia dappertutto; ce n’era anche nell’aria e io tenevo gli occhi come un cinese. E quando abbiamo sollevato le teste tutti insieme le nostre bocche si sono fatte a forma di O. Che un cielo così non l’avevamo mai visto. Le stelle ti stavano proprio addosso da quanto erano vicine, che le costellazioni quasi ti sbattevano nella fronte. E allora, mentre gli altri elogiavano tutto quello spettacolo, io mi sono protetto la testa con le braccia. Mi sono costruito un casco con le mie braccia, nell’eventualità di cozzare la testa contro una stella. Lo so che le stelle distano milioni di anni luce, ma spesso sono più vere le cose immaginate di quelle reali. E la realtà più importante, per me, è la salute della mia testa.

mercoledì 21 novembre 2007

Leggete lì

Leggete qui


(e per par conditio qui)












p.s.:
lo so che non è un post che salva il mondo ma mi dan noia le truffe legalizzate di oggetti inutili

lunedì 19 novembre 2007

Quando vado in libreria

Io, quando vado in libreria, non ci sto più di dieci minuti. Non è che non mi piacciono le librerie però, boh, alla fine non sto mai più di dieci minuti. Che poi, se vado, vado sempre alla Feltrinelli di Ravenna, mica in un’altra. Entro e so già i libri che devo comprare. Li ho proprio impressi nella testa, e allora vado dal mio impiegato Feltrinelli di riferimento (che si vede che è un ex-sessantottino lontano un chilometro) e gli dico: “Mi trovi questi libri?”, e lui di solito me li trova e poi mi dice dove sono, che lì sul suo computer c’è proprio scritta la posizione dei libri dentro la libreria.
Che a me non piace tanto stare in mezzo agli scaffali a cercare, che la so quella cosa del piacere della scoperta però, boh, in mezzo agli scaffali a cercare non ci passo tanto tempo. Ma stavolta i libri li ho comprati con internet, che un pò mi dispiace ma ormai...E adesso ve li dico i libri che ho comprato così diventano tipo dei suggerimenti:
Bambini nel tempo di Ian McEwan (che qualcuno s’è fregato la copia che già avevo...e io, comunque, questo lo consiglio), Opere scelte di Bohumil Hrabal (che questa robina qua è proprio il meridiano mondadori che contiene quasi tutta l’opera di questo omino meraviglioso...che io la sua opera la conosco già tutta, però adesso la conoscerò di più), Sulla felicità ad oltranza di Ugo Cornia (questo me l’ha suggerito Alice...Alice poi ti dico...), L’uomo in rivolta di Albert Camus che io sto scrittore qua lo venero), Follie di Brooklyn di Paul Auster (poi vi dico...) e Anime alla deriva di Richard Mason (su sto libro ci ripongo un pò di speranze...speriamo...).
Che poi l’ultima volta che sono andato alla Feltrinelli sono corso lì dal tipo e gli faccio:
“Ce l’hai la Lanterna magica?”
“La biografia di Bergman?"
“Sì”
“No”
“No, non ce l’hai?”
“No, non ce l’ho”
“Uffa...”
“Mi sa che è fuori catalogo”
“Urca”
“E adesso?”
“E adesso?”
E la prossima volta ci ritorno alla Feltrinelli che magari la Lanterna magica è saltata fuori.

p.s.
per fare questo post non ho ricevuto soldi dalla Feltrinelli di Ravenna

mercoledì 14 novembre 2007

Nemmeno un chiodo

Questa sera si è fermato davanti casa mia un furgoncino che ha suonato il clacson e dei ragazzi con le tute mi han chiesto se avevo del ferrovecchio da dare per quelli del Mato Grosso. Solo che io di ferrovecchio non ne ho e li ho salutati senza dare niente, nemmeno un chiodo. Guardandoli dalla finestra andar via mi sono sentito in colpa. Credo che i miei vicini producano ferrovecchio perchè han riempito il furgoncino di cianfrusaglie. Si erano rimboccati le maniche e mi guardavano come per dire che se uno vuole il ferrovecchio lo trova. Che poi quando ero piccolo mettevamo i vestiti vecchi nei sacchi della spazzatura per darli a quelli del Mato Grosso, e io lo sapevo che era per far del bene ma proprio non riuscivo a staccarmi dalle mie magliette. E una notte son rimasto sveglio per sfilare via dal sacco una maglietta di quando avevo quattro o cinque anni. Era rossa con stampato sopra Pippo e il mio nome, e me l’avevano regalata in una gita al Lago di Garda, che lì sul Lago c’era un baracchino che faceva le stampe. Che poi io, da sto lago qui, ci son passato piuttosto spesso ma così bello e con le sponde fiorite come in quella gita non l’ho più rivisto. Lo so che come prima impressione potrei anche sembrare arido, ma preferisco pensare di essere solo attaccato alle mie magliette.

domenica 11 novembre 2007

Il bagno nell'olio

Arriva un giorno di novembre che alla bici devo fare il bagno d’olio e oggi è stato quel giorno. Mi si è solidificata nella testa quest’idea del bagno d’olio subito dopo pranzo, così sono uscito e uscendo sono quasi rotolato per terra da quanto vento tirava da sud. Che poi, oltre al vento, c’era proprio un sacco di sole e di luce e gli occhi son diventati due fessure. E ci ho pensato un pò, ma stavo davvero per mettermi gli occhiali da saldatore, che io la troppa luce non la posso soffrire.
La giornata era da urlo, che oltre al vento caldino caldino c’era proprio tutto l’occorrente per urlare. E le mie gatte, che hanno questo talento naturale per godersi la vita, se ne stavano lì distese al sole a prendere l’abbronzatura. E solo di tanto in tanto aprivano un occhio per vedere che diavolo stessi facendo. Io mi son messo lì, tranquillo, con la bacinella e lo straccio a ripulire la bici pezzo per pezzo. Non so cosa sia passato per la testa delle mie gatte, ma dopo un pò si sono alzate contemporaneamente e hanno cominciato a strusciarmi una una gamba e l’altra l’altra gamba, che davvero non mi riusciva più di far niente.
Nelle cuffiette avevo solo due canzoni, una dei Negramaro (che poi sto negramaro mi sa che sia un vino o qualcosa che si beve) e una di Ed Harcourt. E quando c’era la canzone dei Negramaro ascoltavo delle parole parecchio tristi e parecchio belle, tipo bocca dentro bocca e non chiederti perchè tutto poi ritorna in quel posto che non c'è dove per magia tu respiri dalla stessa pancia mia, e da quanto ero triste pigliavo a calci le mie gatte per farle spostare...mentre quando c’era Ed ascoltavo delle robe che non capivo però un pò più allegre (che poi la canzone in questione era watching the sun come up) e, pentito, mi riappacificavo con chi prima avevo preso a calci.
In realtà ero piuttosto felice di essere rallentato nel lavoro, che il momento dell’anno in cui devo mettere a dimora la mia bici, per me, è di una sofferenza indicibile. Così, quando mi son reso conto che mi era rimasta giusto la catena da oleare, le mie mani han cominciato a tremare e le mie gatte si son strette ancora di più a me per farmi coraggio (che oltre a godersi la vita hanno pure un cuore). Allora, con ancor più indicibile fatica che parevo House...tutto tremante ho portato la bici là dove dovevo portarla...le ho messo una copertina sopra...e le ho detto che ci saremmo rivisti a primavera.

p.s.
i calci alle gatte erano per finta, eh.

lunedì 5 novembre 2007

L'isola dei bambini

Oggi mio cugino è tornato dal Giappone con una barbetta caprina e mi ha portato del sakè in brick. Non solo; è entrato ciondolando nelle mani due portachiavi, e mi fa:
“Quale vuoi?”
Uno era il pupazzetto di Totoro, l’altro il Gattobus...ho scelto il Gattobus.
Ho visto che ci è rimasto un pò male, ma io Totoro già ce l’ho e ben più grande di un portachiavi. Se voleva tenersi il Gattobus poteva tranquillamente portarmi solo Totoro e non lasciarmi altra scelta, o no? E si è messo a parlarmi delle cose che gli sono capitate in Giappone per coprire col rumore delle parole quello, ben più grande, dei pensieri. Che io non dicevo niente ma capivo tutto. E vedevo quanto stava male per la storia del Gattobus.
Allora gli ho fatto un pò di domande sui giapponesi e gli ho chiesto se era vera la storia dei numeri civici che non ci sono. E quando mi ha detto della visita ad Hiroshima un pò di lacrime gli sono scese dagli occhi, che mio cugino si emoziona facile.
Io, se penso ai giapponesi, rido sempre. Che, se la devo dir tutta, per me i giapponesi son tutti bambini. E pensare ad un’isola governata dai bambini fa bene al cuore. Al mio di sicuro.